«Prevenire invece che curare». È la “ricetta” del dirigente scolastico del liceo “Ruggero Settimo”, Irene Cinzia Collerone contro la ludopatia. Una delle più grandi piaghe sociali al centro di un incontro tra il gli studenti, il questore Emanuele Ricifari, il colonello Stefano Gesuelli comandante provinciale della guardia di finanza, con l’intervento della psicologa Elisa Caponetti, moderato dalla giornalista Ivana Baiunco – che s’è rifatta al caso di una diciannovenne che si prostituiva per procurarsi i soldi per il gioco – e che ha avuto nel docente Fabio Fiorenza l’ispiratore. Il focus è centrato sulle vite distrutte dal gioco d’azzardo. Troppe. In quel tunnel della ludopatia che non perdona. «Il gioco ha anche aspetti inquietanti, bisogna educare all’uso consapevole di tutti gli strumenti tecnologici…bisogna conoscere le regole del gioco per non esser vittima di ludopatia ed, eventualmente, aiutare chi ha il problema.. le grandi passioni possono generare sofferenza», ha aggiunto la dirigente. «Da soli non riusciamo a venirne fuori, bisogna fare rete con le istituzioni» ha esortato gli studenti, protagonisti pure di una clip sul tema in questione.
«La ludopatia è un fenomeno di particolare pericolosità… prima colpiva gli adulti, oggi l’età s’è abbassata», ha avvertito il questore Ricifari. «Si parla di dipendenza quando si va alla ricerca del gioco come stato di necessità… ma v’è anche una situazione economica che stimola, per rifarsi delle perdite entrando in un meccanismo perverso di recupero o perché s’è vinto», è andato avanti. Ma, su questo punto è stato chiaro: «Lo scommettitore gioca a perdere, ma chi fa giocare lo fa per guadagnare, questo è l’assioma che dovrebbe indurre a riflettere». E forte, fortissimo, è il rischio di «finire cadere nelle mani degli usurai e della criminalità organizzata… fate attenzione. Il ludopata, in difficoltà sotto il profilo economico, viene agganciato da chi gli presta soldi a strozzo», quello che lo stesso capo della polizia ha etichettato come «usuraio da bar, il più pezzente della criminalità di questo tipo ha affondato il colpo… ma esiste anche una strutturazione a livello imprenditoriale, con società internazionali che, in apparenza, concedono credito agevolato, ma poi arrivano gli esattori sotto casa».
Eloquente, quanto inquietante, un caso eclatante di dipendenza dal gioco su cui s’è soffermato lo stesso questore rifacendosi a un’indagine da lui diretta parecchi anni addietro in altra questura e legata a un omicidio consumato per il gioco. «Un appartenente alle forze di polizia che aveva perso moglie, figlio, il posto di lavoro e viveva in una stamberga lavorando come manovale per pagarsi quel vizio… ha ucciso una donna, una vicina, per il disperato bisogno di soldi… per appena 250 mila lire – a quel tempo era la moneta in corso – che poi neanche riuscì a rubare», ha ricordato. Mentre il colonnello Stefano Gesuelli, tra i tanti altri aspetti, ha toccato anche i temi del «riciclaggio… ripulire denaro sporco da immettere di nuovo nel sistema legale e dei reati economico-finanziari… tra gioco d’azzardo e criminalità il rapporto è stretto… non c’è il buon samaritano che ti presta i soldi, ma sono pronti a trasformare il ludopata in un pollo da spennare». E un dato numerico è più significativo di ogni altro aspetto. «Nel 2019 il volume d’affari del gioco d’azzardo in Italia – tra scommesse, slot machine altro di simile – ha toccato il tetto dei 110 miliardi di euro».
Un cifra enorme che, inevitabilmente, stimola l’appetito della delinquenza a tutti i livelli, più di altri settori illegali. E rivolgendosi ai ragazzi li ha ammoniti «Con il gioco d’azzardo non si vince mai… basta sedersi al tavolo e hai già perso, come una partita su un campo da calcio inclinato – è il parallelo – ed è difficile mantenere il controllo di sé stessi… nulla in internet è fatto a caso e nulla che sembra gratis lo è realmente». Poi un preziosissimo consiglio partendo dal presupposto che «nessuno ne esce da solo e nessuno ammetterà mai di esserne dipendente». Non dovete proteggerlo ma dovete portarlo da medici e psicologi, bisogna convincerlo a rivolgersi a professionisti». E su questo tema la struttura sanitaria pubblico è tutt’altro che insensibile. (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)