Pubblicato il: 27/04/2014 alle 05:29
“Un saluto a tutti gli uomini di buona volontà”. E’ iniziata così la visita di Papa Giovanni Paolo II a Caltanissetta il 9 maggio del 1993. Un incontro fortemente voluto da Monsignor Alfredo Maria Garsia che, a ogni udienza “divinam apostolorum” e a ogni lettera al Santo Padre, non dimenticava di rinnovare l’invito a visitare quella “'piccola diocesi senza sbocchi a mare che lo attendeva”.
Oggi, 27 aprile, Papa Francesco iscriverà nell’Albo dei Santi questo grande personaggio insieme a un’altra grande figura che ha segnato la storia – e non soltanto cattolica – del XX secolo: Papa Giovanni XXIII. Due figure emblematiche che, con caratteristiche differenti, sono riusciti a penetrare la cortina di indifferenza e diffondere l’amore di Dio; questa potrebbe essere una motivazione per la quale Papa Francesco avrebbe scelto, per ufficializzare la santificazione di Giovanni Battista Roncalli e Karol Wojtyla, proprio la seconda domenica di Pasqua, quella che il papa polacco aveva intitolato al culto della Divina Misericordia.
Sono passati molti anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II a Caltanissetta, ma la città e tutti i fedeli non hanno dimenticato le emozioni legate a un sorriso, una carezza, una parola pronunciata con grande amore.
“Tutto potevo immaginare tranne che a distanza di 21 anni potessi pensare a Papa Giovanni Paolo II come Santo”, ci racconta Padre Gaetano Canalella, parroco della Cattedrale Santa Maria La Nova a Caltanissetta, all’epoca, segretario personale del Vescovo Garsia e coordinatore della visita papale. Quel compito che, insieme a come quello di poter servire il pasto a tavola al Santo Padre, è stato percepito come “un privilegio”.
Fu un caso fortuito che ha portato a programmare “quell’evento davvero straordinario” ma, certamente, parlando di religione, il “caso” non c’entra nulla e a farsi avanti è la “volontà divina”.
“A settembre del 1992 era stata pianificata una visita a Catania, ma il capoluogo etneo non ha risposto prontamente all’invito per la stagione estiva ancora in corso – racconta Padre Canalella -. Fu in quel momento che Mons. Garsia, nonostante lo scetticismo dello stesso clero che percepiva come fantasiosa quella speranza, si propose per conquistare quella data insieme ai vescovi delle diocesi di Trapani e Agrigento”. Per problemi di salute di Wojtyla, poi, quella visita apostolica fu spostata a maggio ma l’itinerario rimase confermato.
Il viaggio è stato pianificato con un protocollo concordato insieme al Vaticano ma, durante quelle emozionanti ore, Papa Giovanni Paolo II ha lasciato spazio ad alcune “deroghe”; l’attenzione per i tanti che chiedevano una particolare benedizione, infatti, non è rimasta inascoltata “nemmeno la prima sera quando, dopo la cena, il Santo Padre si è affacciato dai locali del seminario per salutare la folla – continua il religioso – o quando, il giorno dopo, tra la visita al Cefpas e quella alle suore di clausura di Santa Chiara, ha chiesto di fermare la Papa mobile davanti all’ospedale per rivolgere una parola di conforto ai malati”. Perché Karol Wojtyla era proprio così: un uomo passionale e pronto ad abbracciare un fratello in difficoltà, pronto a commuoversi e a turbarsi per tutto quanto creato dall’uomo e dalla natura. Un dualismo che, solo poche ore prima, lo aveva sconvolto ad Agrigento e lo aveva portato a pronunciare quel durissimo discorso – tenuto a braccio – contro le associazioni mafiose. “Una riflessione – continua Padre Canalella – che era stata influenzata dall’incontro con i genitori del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 proprio ad Agrigento. Rileggendo il discorso che il 10 maggio Papa Giovanni Paolo II ha tenuto allo Stadio Marco Tomaselli qui a Caltanissetta – ancora una volta senza leggere appunti –, si avverte la prosecuzione di quello stesso pensiero, anche se il messaggio non ha avuto la stessa rilevanza mediatica percepita ad Agrigento”.
Davanti la Valle dei Templi, il Pontefice ha fatto notare il paradosso della “magnificenza” dell’arte greca con “l’orrore” delle stragi compiute dagli uomini e, a Caltanissetta, la stessa “bellezza” l’ha ammirata nella corale polifonica. Per l’occasione, infatti, la diocesi ha selezionato i migliori coristi delle parrocchie e quell’esperienza ha aumentato considerevolmente il numero dei fedeli che, da allora, si dedicano ai canti liturgici.
“Per il Papa abbiamo cercato di offrire quanto di meglio possediamo – ha continuato il Parroco con soddisfazione – sia per i talenti vocali sia per la sistemazione”. Ed è per questo motivo che, nelle settimane che hanno preceduto la visita, sono state ricercate e selezionate tutte le sedie “importanti” di ogni parrocchia per poterle far trovare al Pontefice in ogni luogo in cui si recava “e una – ricorda – è arrivata anche da Santa Caterina”.
La nostra città ha beneficiato molto della visita del Santo Padre, sia in termini spirituali sia materiali. Molti, forse, non sanno che alcune infrastrutture sono state realizzate grazie a finanziamenti speciali destinati proprio a queste occasioni: è il caso del posteggio in Via Guastaferro per accogliere i pullman o dell’area al Ponte Bloy per far atterrare l’elicottero pontificio. Lapidi marmoree e statue sono state collocate in varie zone della città e, tra le tante, Padre Canalella menziona quella posizionata nell’area verde di fronte la chiesa San Biagio: “E’ un cavallo imbizzarrito che si dimena per una Sicilia decisa a liberarsi dai lacci di Cosa Nostra; un’opera commissionata da Confindustria che simboleggia lo sviluppo economico schiacciato dalle decisioni dei potenti. Un palese richiamo alla lotta al pizzo. Una supplica per una benedizione speciale indirizzata a tutto il mondo del lavoro”. La visita con tutte le associazioni datoriali e sindacali è avvenuta nell’azienda Averna, a quel tempo la principale realtà locale e, anche in quel caso, il Pontefice non si è fermato all’osservazione della catena di montaggio ma ha stretto la mano a tutti coloro che gliela tendevano poiché il successore di Pietro ha il compito di spargere il seme della parola e incrementare sempre più l’amore verso Cristo così come si legge nella lapide collocata al seminario nisseno.