Pubblicato il: 27/07/2018 alle 12:22
Sotto gli occhi della madre, della sorella e del fratello, è stata prelevata mercoledì mattina della cappelletta di famiglia del cimitero di Alfonsine, nel Ravennate, la bara con i resti di Pier Paolo Minguzzi, il 21enne, studente universitario, rampollo di una famiglia di imprenditori della zona e carabiniere di leva alla caserma di Mesola (Ferrara) sequestrato il 21 aprile 1987 mentre stava rincasando e probabilmente ucciso quasi subito.
Alle operazioni, iniziate verso le 8 e andate avanti per 30 minuti, hanno assistito alcuni poliziotti compreso il dirigente della squadra Mobile Claudio Cagnini. Gli stessi hanno infine scortato il feretro sino all'ingresso dell'autostrada, per raggiungere l'istituto di medicina legale di Pavia dove la riesumazione dei resti era fissata per le 13. Gli accertamenti sono nell'ambito di un'indagine, coordinata dai Pm Alessandro Mancini e Marilù Gattelli, con tre persone sotto accusa in concorso per sequestro di persona, omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
Per stabilire la dinamica della morte del ragazzo e analizzare eventuali profili di Dna presenti sul suo cadavere, la Procura di Ravenna ha affidato l'incarico al medico legale Giovanni Pierucci e al genetista Carlo Previderè. Gli indagati sono Orazio Tasca, 54enne originario di Gela ma da tempo residente a Pavia; di Angelo Del Dotto, 55enne nato a Palmiano e residente ad Ascoli Piceno e come il primo all'epoca dei fatti carabiniere ad Alfonsine; nonché dell'idraulico 62enne di Alfonsine Alfredo Tarroni.
Minguzzi, rapito verso l'una di notte, fu portato in una stalla abbandonata di Vaccolino, nel Ferrarese, dove venne soffocato per poi essere gettato nel vicino Po di Volano dopo essere stato legato a una massiccia grata sradicata proprio dal casolare. Il suo corpo riaffiorò la mattina del successivo primo maggio. I tre indagati erano stati tutti coinvolti, con condanne passate in giudicato ed espiate, nel caso della tentata estorsione, organizzata giusto qualche mese dopo il sequestro del 21enne a un altro imprenditore di Alfonsine (Contarini) che come la famiglia Minguzzi operava nel settore dell'ortofrutta.
Un contesto nel quale fu ucciso un carabiniere 23enne originario di Caserta, ma in servizio nel Ravennate che la notte del 13 luglio 1987 si trovava appostato per sorprendere i malviventi durante la consegna del denaro: 300 milioni di lire, somma identica a quella chiesta per il sequestro Minguzzi. Ci sono altre due analogie che legano i due casi. La prima è dovuta a quanto disse un telefonista che, peraltro con accento siciliano, a un certo punto chiamando casa Minguzzi chiese di Contarini. Mesi prima della tentata estorsione. Inoltre nell'armadietto di uno dei due militari indagati, fu trovato un libro di tecniche bondage con una 'orecchietta' su una pagina che mostrava la tecnica dell'incaprettamento: e il 21enne fu incaprettato a una grata prima di essere gettato nel fiume.
Il fascicolo per la morte del giovane, a suo tempo aperto contro ignoti, era stato archiviato dal Gip del Tribunale di Ravenna a metà degli anni '90. Il nuovo impulso investigativo è nato anche grazie a un esposto presentato più di recente dalla famiglia del defunto. (Repubblica.it)