Uno scherzo di cattivo gusto, una provocazione o cos'altro? È quanto si chiede Fabiana «Bia» Cusumano – insegnante liceale di italiano e latino di Castelvetrano e presidente di un’associazione culturale che organizza il Festival letterario «PalmosaFest», gemellata con associazioni antimafia come «Rita Atria» e «Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato» – dopo essersi accorta che la sua foto compariva su Google come «Giovanna Messina Denaro» accanto alle foto di altri familiari del boss Matteo Messina Denaro.
«Non sappiamo – dice la docente, che in passato ha avuto come alunna anche Lorenza Alagna, figlia di Matteo Messina Denaro – se c'è un errore di indicizzazione o se c'è del dolo. Siamo in attesa di accertamenti informatici. Me l’ha segnalato una mia amica. Potrebbe essere l’ultimo sfregio della mafia contro di me, fatto ad arte. In ogni caso, io la testa non la piego».
«Ho avuto il dono, e ancora oggi lo reputo tale – aveva dichiarato Fabiana Bia Cusumano pochi giorni dopo l’arresto dell’ex superlatitante – di incontrare nella mia carriera di docente Lorenza Alagna. Non sapevo che fosse la figlia di Matteo Messina Denaro, proprio perché non porta il cognome del padre ma quello della madre, Franca Alagna. Non ho mai rilasciato dichiarazioni false su di lei, anzi la ricordo come una ragazza studiosa, attenta in classe, ben educata, forte e determinata. Ho ribadito più volte – proseguì l’insegnante – quello che lei stessa una volta mi disse: “per voi può essere uno stragista, un criminale, un super boss, per me resta mio padre”.
Ho letto dentro queste parole tutto il dolore di una giovane ragazza divisa tra la consapevolezza di essere figlia di un boss e l'amore inevitabile e imprescindibile per un genitore, chiunque esso sia, anche un mafioso. Insegno da 15 anni, all’epoca ero supplente, e in classe ho parlato sempre di mafia e legalità, del coraggio di dire la verità, di non girare lo sguardo altrove. Vivo in una città in cui finché il boss Matteo Messina Denaro era ancora latitante, il suo nome non poteva essere neanche pronunciato. Io l’ho sempre pronunciato».