Pubblicato il: 13/01/2025 alle 14:15
Due coniugi proponevano innanzi il Tribunale di Enna un’azione civile ex art. 2043 c.c. contro il Comune di Pietraperzia, al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dall’annullamento di una concessione edilizia loro rilasciata nel 1999, assumendo di avere fatto incolpevole affidamento sull’apparente legittimità del provvedimento (successivamente annullato), e di avere, conseguentemente, proceduto a eseguire i lavori di adattamento dell’immobile per impiantarvi un opificio di falegnameria, acquistare i relativi macchinari e ad avviare l’attività.
In particolare, detti coniugi, che a seguito di ordinanza notificata dal Comune nel 2007 demolivano le opere eseguite, deducevano la violazione da parte dell’Ente del principio di diligenza e buonafede di cui all'art. 2043 c.c., e quantificavano il danno subito in complessivi € 417.654,95, pari ai costi dei lavori di mutamento dell’immobile e di rilascio della concessione, al costo dei beni strumentali, al prezzo di acquisto dei macchinari in leasing, mentre il lucro cessante veniva parametrato al guadagno annuale derivante dell’attività.
Il Comune di Pietraperzia, assistito dall’Avv. Rosario Didato, si costituiva nel giudizio di prime cure contestando la responsabilità addebitata all’Ente, osservando che l’attività impiantata nell’immobile (oggetto di variazione di destinazione d’uso) era di tipo industriale e non artigianale, e che, in ogni caso, non sussisteva la prova in ordine all’esistenza del danno e alla sua riconducibilità alla condotta del Comune.
Il Giudice di primo grado riteneva, tuttavia, gli attori colpevoli di avere presentato un’istanza infondata, in quanto l’autorizzazione non avrebbe potuto essere concessa, tanto da essere stata annullata, e pertanto la domanda veniva rigettata per l’assenza di affidamento incolpevole.
Con un unico motivo di gravame, i coniugi impugnavano innanzi la Corte di appello di Caltanissetta la sentenza di primo grado, dolendosi della violazione dell’art. 2043 c.c. e del principio di legittimo affidamento, a loro dire operante a prescindere dalla legittimità o meno dell’azione amministrativa, in quanto il privato poteva aver fatto legittimo affidamento anche se il provvedimento favorevole era fin dall’origine illegittimo, evidenziando altresì che la concessione in variazione rilasciata era inequivoca, e che il rigetto dell’istanza di revoca (presentata da terzi) avvalorava la convinzione in ordine alla legittimità dell’operato del Comune.
La Corte di appello di Caltanissetta, in accoglimento delle argomentazioni difensive illustrate dal Comune di Pietraperzia (assistito dall’avv. Rosario Didato, in collaborazione con il civilista di Studio Avv. Piero Provenzani), osservava che – allorquando il rigetto della domanda risarcitoria ed il gravame sono incentrati sulla sussistenza, o meno, dell’affidamento incolpevole degli attori – la fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno non è ricollegabile alla mera adozione di un provvedimento favorevole illegittimo, poi venuto meno.
Il risarcimento del danno, continua la Corte, non è infatti una conseguenza automatica dell'annullamento di un provvedimento amministrativo favorevole illegittimo, dovendosi piuttosto accertare se sia insorto un ragionevole convincimento sulla legittimità dell'atto.
Nella vicenda prospettata emergevano, invece, indici evidenti della illegittimità dell’atto, che avrebbero dovuto orientare i coniugi a non confidare sulla stabilità del provvedimento favorevole, quali la proposizione – da parte di soggetti terzi (proprietari di un immobile prospicente) – di una istanza di revoca rigettata dal Sindaco del predetto Comune nel 1999, poi seguita da un ricorso straordinario al Presidente della Regione Sicilia, notificato agli appellanti ed accolto nel 2006.
Pertanto, la Corte di Appello di Caltanissetta, con la sentenza n. 4 del 9.1.2025, seppur con una diversa motivazione, ha confermato la sentenza di primo grado, escludendo l’esistenza di un affidamento incolpevole dei coniugi in forza della prevedibilità della caducazione della concessione in variante, e conseguentemente ha rigettato la domanda risarcitoria proposta contro il Comune di Pietraperzia, condannando gli appellanti al pagamento di rilevanti spese di lite per il secondo grado.