“Da oggi non sarà consentito l’ingresso nei nostri uffici, per situazioni non di emergenza, di chi non abbia un atteggiamento ed un abbigliamento “decoroso”. Ove per “decoroso” si intende esemplificativamente: abiti ordinari anche da lavoro, ma che rispondano a caratteristiche di igiene personale e “vestizione” propriamente intesa”. Lo ha dichiarato il questore di Caltanissetta Emanuele Ricifari dopo che, sabato, un pluripregiudicato si è presentato al commissariato di Gela in abbigliamento da spiaggia per apporre come d’obbligo la firma in quanto colpito dalla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale.
“Premetto – spiega Ricifari – che tale misura è destinata a soggetti considerati sulla base di elementi fattuali e concreti, commessi anche e precedenti di una certa gravità, come pericolosi socialmente. Ebbene il soggetto in questione si è presentato in abbigliamento (si fa per dire) da spiaggia per riportare la firma in un registro. Al richiamo del poliziotto che raccomandava di avere maggior rispetto atteso che si trovava in un ufficio pubblico e non in una situazione di emergenza, questo non solo andava in escandescenza ma aggrediva l’agente verbalmente e sarebbe passato a vie di fatto se non fossero, come opportuno, intervenuti altri poliziotti a contenerlo. Questo atteggiamento, per la verità, non è isolato. Tutti i giorni gli uffici aperti al pubblico della questura e dei commissariati ricevono cittadini per erogare i propri servizi. E tutti i giorni e, molte volte, ogni giorno ci sono persone che dimenticano dove si recano e quale sia l’atteggiamento – semplicemente urbano – da tenere in un ufficio pubblico e che per giunta è quello di un’Autorità dello Stato.
La progressiva diffusione di questo – mai termine si attagliò meglio alla situazione – malcostume oltre a evidenziare la cattiva educazione di chi lo adotta, mette in risalto il crollo dei “buoni costumi” in fasce sempre più ampie della popolazione. Se poi si pensa che si tratta peraltro di un ufficio di polizia, questo diventa segnale di una mancanza non solo di basi educative, ma di rispetto riguardo lo Stato e la sue Amministrazioni. Se è vero – e fondamentale in un paese civile e democratico – che le istituzioni sono al servizio dei cittadini, questo dovrebbe comportare non tanto quello che si definiva “metus pubblicae potestatis” (Timore della Autorità Pubblica), quanto piuttosto, il rispetto del servizio e di chi lo svolge. Sappiamo bene – conclude il questore – che i cittadini educati sono con noi e le sollecitazioni in questo senso non mancano".