Pubblicato il: 29/05/2014 alle 08:40
Chi si aspettava uno “spettacolino scolastico” al teatro Bauffremont di Caltanissetta ieri sarà rimasto piacevolmente stupito dalla professionalità e dalla passione con la quale gli studenti del Laboratorio teatrale del Liceo Classico, Linguistico e Coreutico Ruggero Settimo di Caltanissetta hanno calcato le scene sul palco e in mezzo al pubblico. Ad arricchire la performance degli attori e conquistare definitivamente lo spettatore c’era un quartetto di musicisti che, dal vivo, facevano risuonare le note – lente o allegre – seguendo il ritmo incalzante della tragedia.
La Medea, magistralmente diretta da Marco Tringali, trasudava pathos e coinvolgeva gli spettatori con un testo teatrale che, attingendo da Euripide e Christa Wolf, tratteggiava una donna imperturbabile e devastata allo stesso tempo, vittima degli eventi e artefice del proprio destino. Un dualismo che si rileggeva in ogni azione o pensiero compiuto da Medea e sottolineato dal regista anche con voci esterne – volutamente scelte sia maschile sia femminile -. “Sono le due polarità opposte conviventi in un unico corpo che rendono questo personaggio così affascinante e, allo stesso tempo, reale – spiega Tringali -. Yin e Yang, uomo e donna, giustizia degli uomini e quella degli dei, madre infanticida e protettiva per i suoi stessi figli”.
Molti i simbolismi messi in scena e lasciati alla libera interpretazione emotiva dello spettatore a cominciare dai colori: il nero della morte, il rosso del sangue delle vittime, l’oro della potenza e il bianco della purezza. I costumi di scena, infatti, non erano soltanto indumenti con cui identificare i personaggi ma co-protagonisti e voci narranti. Il mantello di velluto di Medea, la donna con il “cuore ardente” (come lo ha definito lo stesso Giasone) ma addolorato, è stato realizzato con un color “porpora”, una nuance in bilico tra il rosso e il nero che rievocava nella mente dello spettatore il fuoco della devastazione. Â Il vello d’oro, imponente e scintillante, lasciava comprendere il perché Giasone fosse stato elevato come un eroe e, infine, i drappeggi neri, con i quali venivano coperti i personaggi, raccontavano il buio della morte e il lutto che li avvolgeva.
Fondamentale anche l’acqua con la quale le donne del coro, durante l’ultimo confronto tra Medea e Giasone – quello in cui lei realizza che l’unica conclusione possibile è quella di  uccidere la rivale in amore Creusa e i suoi stessi figli – si lavano il volto. Un rito purificatorio che, togliendo il trucco e lavando i capelli, libera il personaggio dalle velleità imposte dalla società rifiutando definitivamente le leggi della giustizia degli uomini – per la quale dovrebbe accettare l’esilio abbandonando i propri figli – e abbraccia quelle della natura. “L’acqua è un elemento primordiale e proprio per questo acquista un’importanza strategica” spiega Tringali.
La luce delle candele tenute in mano all’inizio della tragedia mentre si narra il prologo della vicenda tra Medea e Giasone e attrae immediatamente l’attenzione dello spettatore che rimane calamitato fino alla fine della rappresentazione.  Un narrazione sussurrata, quasi come se quella vicenda “da barbari” – l’assassionio della sua stirpe per aiutare l’amato Argonauta  – dovesse essere dimenticata come mai accaduta perché, per essere accettati da un popolo greco – ritenuto superiore – dovessero essere messe da parte tutte le tradizioni della casa d’origine.
Sin dalle prime battute, dunque, si inizia a tratteggiare la figura di una donna “diversa” solo perché ha un apparato di valori differenti da quelli del popolo nel quale si è ritrovata e a delineare “l’ambiguità” percepita dagli “altri” che non comprendono le scelte. Medea è una figura fortemente complessa che porta alla luce il tema della diversità: “Per chi conosce sommariamente la vicenda, una figura mostruosa ma, scoprendo le motivazioni che l’hanno spinta a quel gesto, si comprende tutto un mondo interiore che ha portato a quella scelta – spiega il dirigente scolastico Vito Parisi -. La scuola deve insegnare ai giovani che ciascun individuo deve confrontarsi con i propri mostri, saper gestire le proprie emozioni e assumersi le conseguenze che ne derivano”.
E, proprio perché attorno a noi – o dentro di noi – possiamo ritrovare una “Medea” il regista ha voluto inserire alcuni monologhi in dialetto siciliano e rappresentare la scena del matrimonio rievocando musiche e balli tipici della tradizione della nostra isola. L’attualizzazione per far comprendere come, in ogni tempo e in ogni luogo, si possono subire abusi dai quali doversi difendere, per i quali bisogna combattere.
Le docenti responsabili sono: Marcella Montoro, Marcella Natale, Marcella Romano, Gabriella Rizza e Nadia Rizzo.
Foto: Ciccio Leo