Pubblicato il: 30/11/2018 alle 21:23
"Salute mentale nella società post moderna", è questo il titolo di un convegno organizzato dallo psichiatra Claudio Camilleri con la collaborazione di Full Congress di Daniela La Russa che ha visto intervenire esperti e relatori da tutta la Sicilia nella sala convegni dell'Hotel San Michele. Nel corso dell'incontro diversi i temi affrontati. Filo conduttore: l'impatto della società che cambia sull'individuo.Argomenti che abbiamo approfondito con uno dei relatori, Daniele La Barbera professore ordinario di Psichiatria all'Università di Palermo.
Quali conseguenze può avere l'utilizzo della tecnologia e qual è l'impatto della società moderna sull'individuo?
Da anni stiamo affrontando questo tema che ci sembra molto interessante. Cioè comprendere come le relazioni sociali e culturali possono influenzare il funzionamento della mente e possono anche contribuire a modificare in qualche maniera l'espressione psicopatologica. Ci siamo concentrati parecchio sul mondo dei media, sulla comunicazione tecnologica, su come oggi viviamo in una società in cui il sentimento del reale tende ad essere eroso da un bombardamento continuo e incessante di stimoli, da un sovraccarico sensoriale, da un intreccio pressoché indissolubile tra realtà, finzione, simulazione, artificio. E quindi oggi è difficile per l'uomo post moderno individuare una linea di pensiero e di comportamento che sia profondamente radicata in un senso di realtà stabile, continuo e coerente. E vediamo come tutto questo si ripercuote anche in ambito psicopatologico perché abbiamo la sensazione che molti pazienti che si rivolgono a noi soffrano anche perché non riescono a percepire in maniera rassicurante e sufficientemente solida un sentimento di realtà che li possa guidare, orientare e aiutare ad affrontare anche le vicissitudini dell'esistenza.
Oggi giovani e meno giovani stanno troppo sullo smartphone, sui social network, questo può provocare un isolamento o può influire sulle relazioni sociali?
Questo è uno dei più grossi problemi legati allo sviluppo tecnologico che tendiamo a sottovalutare come genitori, come insegnanti, come medici, come psicologi e psichiatri. Noi riteniamo, dato che ci occupiamo di questa tematica da 25 anni e siamo stati uno dei primi gruppi di ricerca universitaria, che vi sia un eccesso di utilizzo di strumenti tecnologici e che la iperconnessione finisca per renderci disconnessi non solo dal mondo sociale (quindi apparentemente abbiamo una miriade di contatti ma poi viviamo una forte solitudine interiore) ma anche disconnessi da noi stessi perché un uso eccessivo della tecnologia finisce per farci funzionare a volte in maniera incoerente, o sfumatamente dissociativa, quindi senza che il nostro apparato mentale possa essere coinvolto e partecipe nel momento che sta vivendo e nelle situazioni che sta affrontando.
Un fenomeno molto diffuso è quello di ritrarsi in foto postando dei selfie. Rispetto al passato il fatto di essere più o meno popolari cosa provoca nell'individuo?
Si questo è un altro problema molto interessante soprattutto nelle fasce adolescenziali. Per i ragazzi oggi perdere popolarità nel loro gruppo di amicizie significa essere più insicuri e vulnerabili e certamente il selfie, questa tendenza a ritrarre la propria immagine, è uno strumento per migliorare la propria visibilità, per rendersi gradevoli agli occhi degli altri e aumentare quella stabilità narcisistica che oggi invece crea un grosso elemento di fragilità per le generazioni più giovani. Gli adolescenti contemporanei, si ritiene dalle tante ricerche effettuate in questo ambito che abbiano il maggior grado di fragilità narcisistica degli ultimi anni e il selfie sicuramente è un mezzo più o meno fittizio, più o meno illusorio per potenziare questo equilibrio narcisistico.