Pubblicato il: 04/09/2020 alle 15:17
Lectio magistralis su "Covid-19 e Sclerosi Multipla" questa mattina, al congresso “Highglights in Neurology, speciale Neuro-Covid-19”, a cura del professore Francesco Patti, responsabile del Centro Sclerosi Multipla dell’Università di Catania e coordinatore nazionale del gruppo studio sclerosi multipla della Società Italiana di Neurologia. “Sul rischio maggiore per i malati di sclerosi multipla di contrarre il coronavirus – spiega il professore Patti – i dati più recenti, perlomeno quelli sulla popolazione mondiale, tenderebbero a dire di sì, però questo rischio di infezione non comporta una maggiore gravità dell’infezione né tantomeno dell’evoluzione della sclerosi multipla in quei pazienti che malauguratamente si sono beccati l’infezione. Questo è vero per quanto riguarda la gran parte del mondo ma se guardiamo ai dati cinesi, che riguardano migliaia di pazienti sia con sclerosi multipla che con Nmosd (che è un’altra malattia demielinizzante) questo tipo di proporzione rispetto alla popolazione generale non è stata evidenziata. Probabilmente perché lì le misure di distanziamento sociale, che sono quelle che valgono di più per convivere al meglio con il coronavirus, sono state adottate prima che negli Stati Uniti d’America o altre parti del globo. C’è da sottolineare che se controlliamo il tasso generale di infezioni (indipendentemente dal coronavirus) che ci possono essere nel paziente con sclerosi multipla questo tasso è certamente più frequente rispetto alla popolazione generale. Cioè dobbiamo partire dall’assunto che il malato di sclerosi multipla ha un maggior rischio di infezione. Questo per tutta una serie di motivazioni che riguardano il fatto di avere un sistema immunitario claudicante, anche nei soggetti giovani, e poi perché il paziente con sclerosi multipla prende dei farmaci che in qualche modo possono dare un colpo al sistema immunitario che di per sé è claudicante. Però da una parte bisogna contemperare la sclerosi multipla e da una parte l’infezione. La sclerosi multipla è una malattia ad elevata complessità che attraversa tutta la vita dei soggetti, anche 40 o 50 anni. E noi speriamo che questa epidemia da coronavirus possa durare due o tre anni, non di più. E quindi abbandonare la sclerosi multipla in quei 3 anni provocherebbe grossi danni alla malattia". Il professore Francesco Patti, nel corso del congresso organizzato dal presidente regionale della Società Italiana di Neurologia, Michele Vecchio ha fatto il punto anche sulle terapie. "Novità per fortuna ne abbiamo tante – ha spiegato il professore dell'Università di Catania – sono farmaci che incidono fortemente sul sistema immunitario. A parte l’Ocrelizumab o la Cladribina che sono gli ultimi arrivati a breve avremo il Siponimod che è un farmaco che dovrebbe essere utilizzato per i pazienti con forma secondariamente progressiva per la quale di fatto non abbiamo farmaci. E speriamo in qualche altro anticorpo monoclonale che possa essere potente quanto gli altri e con un minore profilo di rischi per quanto riguarda gli eventi avversi. Farmaci quindi né abbiamo forse anche fin troppi. Quelli che mancano sono i farmaci riparativi, così come non abbiamo nulla anche per la fase degenerativa della malattia. Tutta la parte iniziale è abbastanza ricca di armi terapeutiche quindi riusciamo a controllare il 70% di popolazione con la sclerosi multipla, però il 30% è sempre una percentuale molto alta e spero che governi e sponsor possano incrementare la ricerca per colmare questo divario".