Pubblicato il: 15/09/2024 alle 21:18
Gentile Direttore,
Le chiedo spazio sul suo giornale online per intervenire, come nisseno e come operatore del diritto, sulla vicenda della crisi idrica nella quale versa la città oramai da mesi.
La crisi è molto evidente e i cittadini la soffrono molto anche se ritengo che, allo stato attuale, non si siano individuate soluzioni definitive e si proceda, invece, a tentoni e soltanto per soddisfare l’opinione pubblica ovvero per rinviare la risoluzione del problema a tempi migliori.
Questa situazione induce a una riflessione che parte dal referendum celebratosi il 12 e 13 giugno 2011 e quindi ben tredici anni fa per restituire al settore pubblico il servizio della distribuzione idrica.
Il referendum portò all’abrogazione dell’art. 154, 1° comma, del Decreto Legislativo n. 152/2006, il quale aveva trasferito la gestione del servizio idrico alle società private individuate tramite una selezione avente evidenza pubblica.
Inizialmente sembrava che la gestione del servizio idrico gli avrebbe conferito maggiore efficienza: tuttavia dopo alcuni anni emerse in tutta la sua evidenza che questo risultato non era stato raggiunto.
Infatti era risultato che il servizio era meno efficiente e le tariffe erano più alte, con un doppio danno ai cittadini, che pagavano di più per un servizio peggiore.
Con il referendum abrogativo veniva sostanzialmente restituita alla Pubblica Amministrazione il potere e forse anche l’obbligo di provvedere direttamente alla gestione del servizio idrico.
Nel tempo si sono succeduti diversi provvedimenti normativi finalizzati ad aggirare il risultato del referendum anche se la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 199/2012, ha già affermato il principio per il quale la volontà popolare espressa tramite referendum va rispettata, tanto che la normativa vigente di settore attribuisce alla Pubblica Amministrazione la facoltà di scelta tra pubblico e privato.
Senza entrare nel merito della vicenda normativa generale, si deve concludere che la gestione del servizio idrico deve tornare pubblica quando quella privata non risponde ai criteri di efficienza ed economicità per i quali è stata prevista.
Nel caso specifico che riguarda la città di Caltanissetta appare evidente che la società che gestisce il servizio idrico non stia rendendo un buon servizio ai cittadini.
Allora ci si deve chiedere perché il Comune di Caltanissetta non assuma iniziative nei confronti di questa società, che non è una consorte dell’ente locale con la quale trovare soluzioni, che spettano solo al gestore, ma una controparte contrattuale che deve adempiere la propria prestazione perché ne ricava un (congruo) utile pagato dai cittadini.
Il contratto tra Comune di Caltanissetta e la società di gestione prevederà certamente delle clausole con le quali si stabiliscono penali e sanzioni nei confronti del gestore che non svolge o non svolge bene il proprio servizio fino alla risoluzione per inadempimento: e allora forse sarebbe il caso di procedere in questo senso per il bene della città.
Avvocato Antonio Onofrio Campione*
* L’autore è Avvocato cassazionista. È stato Professore a contratto di Diritto Privato nell’Università di Palermo e Consigliere Giuridico dell’Assessore Regionale dell’Economia con delega alle società partecipate della Regione Siciliana.
finalmente la verità
Semplicemente perché la società Caltaqua così come il comune è colluso con la mafia. Una società il cui operato è regolato da mafiosi, che ruba soldi ai cittadini attraverso un pizzo legalizzato chiamata “tassa” . Eppure nonostante il prezzo sia il più alto d’Italia, non abbiamo servizi adeguati. Perciò il comune colluso tanto quanto l’azienda, non opererà mai contro di loro.
Riporto post della Dottoressa Tomasetti esperta del settore:
Catia Tomasetti
Partner & Leader of Focus Team Energy, Infrastructure and Ecological Transition at BonelliErede | Chairman of Banca Centrale della Repubblica di San Marino
Vorrei affrontare da un punto di vista giuridico il tema dell’#acqua #pubblica. Preliminarmente vorrei rassicurare tutti sul fatto che l’acqua è pubblica e lo è da tanto tempo. Che l’acqua fosse un bene demaniale e come tale pubblica ed inalienabile lo prevedeva già il #codice #civile del 1865 (art. 428) e lo ribadisce l’attuale codice civile (art.822). Allora perché molti sostengono che con il #referendum del 2011 sia stata operata una scelta per rendere l’acqua pubblica? Altri (più raffinati) sostengono che il referendum del 2011 abbia imposto una #gestione #pubblica del #servizio #idrico #integrato. Ma anche questo è falso. Il referendum del 2011 era infatti un referendum abrogativo e si riprometteva di abrogare una norma emanata dall’allora #governo Berlusconi che, in difformità alle disposizioni delle stesse direttive comunitarie, prevedeva che la gestione del servizio idrico integrato potesse essere solo #privata o #mista. Pertanto il referendum 2011 ha stabilito, abrogando tali #norme, che la gestione del servizio idrico possa essere anche pubblica, ma non solo pubblica. Scrivo questo perché continuo a leggere post, #articoli e #dibattiti a favore dell’acqua pubblica e rimango esterrefatta dalla totale ignoranza giuridica che permea il #dibattito. Mi domando spesso perché in molti si affannino in questo dibattito inutile, invocando la #pubblicizzazione dell’acqua e si oppongano strenuamente alle gestioni private o miste (ammesse dalla legge). Vengono invece spesso ignorati totalmente i dati che Utilitatis e Utilitalia fornisce ogni anno nel #BlueBook. Da anni oramai leggendo il Blue Book si evince che le gestioni miste sono le gestioni che effettuano i maggiori e più efficaci #investimenti mentre le gestioni in economia (#gestioni #comunali) sono le più carenti (punto 6 dell’executive summary Blue Book 2024).
e normale che il comune egregio avvocato nn prende iniziative perché altrimenti saltano fuori gli scheletri dagli armadi ci sarebbero tutti i pressupposti ma la realtà è ben altra e li la lascio