I settori ai quali il governo chiede più pazienza sono i centri di acconciatura e di estetica, i ristoranti, i bar. Potranno aprire solo a giugno, quanto basta per provocare una vera e propria sollevazione dopo il decreto del presidente del consiglio, Giuseppe Conte.
E dalla Sicilia parte una protesta forte. I vertici regionali della Cna lanciano un appello alla Regione affinchè "facendo leva sul fatto che la parabola del contagio sia ormai vicina allo zero, rivendichi una diversa programmazione della ripresa delle attività in modo da consentire ad acconciatori e centri estetici, e aggiungiamo noi anche bar e ristoranti, una riapertura più ravvicinata nell’ambito della calendarizzazione dell’avvio della fase 2. Sarebbe stato opportuno, in questa ottica – sottolineano il presidente Nello Battiato e il segretario Piero Giglione – fare prevale il buon senso ed investire in modo significativo sulla sicurezza e sul rispetto delle regole, invece di adottare la linea dura dello slittamento, ignorando che tutto questo si tradurrà in un sonoro 'incasso zero' per oltre 3 mesi. Stiamo parlando di un settore in ginocchio, che è stato uno dei primi a chiudere i battenti, alle prese con un notevole danno economico e con l’insidia dell’avanzata e diffusione dell’esercizio abusivo della professione".
Protesta anche Confesercenti Sicilia attraverso il presidente dell’area Immagine e Benessere, Nunzio Reina: "La decisione del governo mette in ginocchio la categoria. Non c'è alcun intervento a favore di questo comparto. Ieri sera è arrivato un macigno. Non siamo in grado di continuare. Ci hanno preso a calci in bocca". E ancora: "Se non ci mettono in condizione di aprire le aziende saremo noi gli abusivi di domani. Chiediamo la dignità del lavoro, non vogliamo assistenzialismo, ma andare a lavorare".
La Fipe Confcommercio, intanto, alza la voce per la crisi di bar e ristoranti. "I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall'inizio della crisi. Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell'intrattenimento alla chiusura".
La Fipe in una nota chiede "risorse subito e a fondo perduto", altrimenti si sottolinea "moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese". "Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall'Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma".