Pubblicato il: 08/11/2019 alle 15:34
"Non essendo stata eseguita l’autopsia sul corpo di Carmela Barone non è scientificamente possibile stabilire che siano state le conseguenze della colluttazione o di un innalzamento di pressione a causare la rottura dell’aneurisma che portò la donna alla morte". Così il consulente della difesa ha esposto, in sintesi, le sue conclusioni nel processo che vede imputate in Corte d’assise le deliane Rita Di Grigoli, 55 anni, e Paola Gulizia, 28 anni (madre e figlia, difese dall’avvocato Calogero Meli), accusate di omicidio preterintenzionale.
Nel corso della deposizione il consulente della difesa ha aggiunto: "La rottura di un aneurisma può essere causata anche da altri fattori, sia di natura congenita che legati anche allo stile di vita, quindi in questo caso non abbiamo la certezza di cosa sia realmente accaduto".
Alla fine della deposizione i legali di parte civile dei familiari di Carmela Barone, gli avvocati Luigi Di Natale e Diego Giarratana, hanno chiesto alla Corte di disporre una superperizia, ma i giudici hanno respinto l’istanza.
Tutto nasce, secondo la ricostruzione investigativa, dalla lite fra le tre donne nel giugno 2013, in cui tutte e tre sarebbero arrivate alle mani, con Carmela Barone ad avere la peggio visto che, stando a quanto ipotizzato dalla Procura nissena, madre e figlia la spintonarono facendole battere la testa, probabilmente contro un oggetto di qualche tipo, e inoltre, nel parapiglia, la vittima fu sarebbe anche anche stata colpita alla nuca. Da quel momento in poi iniziò un calvario di due anni, visto che la donna entrò in coma e morì a settembre del 2015. Per il consulente della Procura la morte fu la conseguenza delle ferite riportate nella colluttazione.
Il processo riprenderà a gennaio sono per le conclusioni delle parti.(Vincenzo Pane, La Sicilia)