Pubblicato il: 22/04/2018 alle 15:50
"La sentenza è precisa e ritiene che Dell'Utri abbia fatto da cinghia di trasmissione nella minaccia mafiosa al governo anche nel periodo successivo all'avvento alla Presidenza del Consiglio di Berlusconi. In questo c'è un elemento di novità. C'era una sentenza definitiva che condannava Dell'Utri per il suo ruolo di tramite tra la mafia e Berlusconi fino al '92. Ora questo verdetto sposta in avanti il ruolo di tramite esercitato da Dell'Utri tra 'Cosa nostra' e Berlusconi". Lo ha detto il pm della Dna Nino Di Matteo, a proposito della sentenza sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, intervenendo alla trasmissione "1/2 ora in più" di Lucia Annunziata, in onda sui Rai tre.
"Né Silvio Berlusconi, né altri hanno denunciato le minacce mafiose, né prima né dopo. Nel nostro sistema costituzionale le sentenze vengono pronunciate nel nome del popolo italiano e possono essere criticate e impugnate. Il problema è che quando le sentenze riguardano uomini che esercitano il potere devono essere conosciute", ha aggiunto. "C'è una sentenza definitiva – ha spiegato – che afferma che dal '74 al '92 Dell'Utri si fece garante di un patto tra Berlusconi e le famiglie mafiose palermitane. Ora questa sentenza dice che quella intermediazione non si ferma al '92, ma si estende al primo governo Berlusconi, questi sono fatti che devono essere conosciuti"
"I carabinieri che hanno trattato sono stati incoraggiati da qualcuno. Noi non riteniamo che il livello politico non fosse a conoscenza di quel che accadeva. Ci vorrebbe 'un pentito di Stato', uno delle istituzioni che faccia chiarezza e disegni in modo ancora più completo cosa avvenne negli anni delle stragi". (Ansa)