Pubblicato il: 31/05/2024 alle 15:05
(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) È lui l’ispiratore di quel delitto. È stata la Cassazione, adesso, a cucirgli addosso questo ruolo a oltre trentun anni da quell’agguato. E, rigettando il suo ricorso, ha blindato le sue responsabilità.
Così, nel concreto, per il sessantaduenne di San Cataldo, Raimondo Scalzo, s’è tradotto nella conferma della condanna a 24 anni di carcere per l’uccisione dell’allora diciottenne, pure lui sancataldese, Luca Salvatore Salerno, che avrebbe pagato con la vita per uno sgarro legato a un incendio d’auto.
In primo grado l’imputato (assistito dall’avvocato Calogero Vinci) aveva rimediato l’ergastolo, poi, in appello, è arrivata la netta riduzione.
Scalzo, tanti anni addietro, era stato lambito dalle indagini, ma ne era uscito pulito. In seguito il cognato e un suo cugino sono stati condannati definitivamente come esecutori materiale.
È dopo oltre un quarto di secolo che lo stesso Scalzo, si sarebbe “consegnato” alla giustizia. Sì, perché avrebbe inconsapevolmente confessato di essere stato il mandante di quel delitto. Vantandosene mentre discuteva con un suo cognato, all’oscuro che in quel momento fosse intercettato per un’inchiesta di carabinieri e finanza, «Pandora», su sospette infiltrazioni mafiose in appalti.
«Sono tutte sciocchezze dette soltanto per vantarmi agli occhi della mia compagna», si è poi giustificato in aula. Ma a questa teoria in giudici non hanno creduto.
Salerno, figlio di un operaio comunale che si occupava di manutenzione, il 3 gennaio del lontano 1993, è stato ucciso nelle campagne di contrada San Leonardo con una sola fucilata alla nuca. In passato aveva rimediato qualche segnalazione per furto, ricettazione e danneggiamento.
È stata una telefonata anonima, quel giorno, a segnalare ai carabinieri la presenza di un cadavere appena fuori l’abitato sancataldese. Nell’immediato gli investigatori hanno ipotizzato che si potesse trattare di un regolamento di conti per droga o una rapina. Tre giorni dopo l’omicidio sono stati fermati il cugino di Scalzo e un cognato, poi divenuto collaborante e che ha tirato in causa gli altri.
Soltanto un quarto di secolo dopo, quelle intercettazioni catturate dalle microspie avrebbero svelato l’identità della regia di quel delitto e il movente.