Pubblicato il: 24/01/2014 alle 08:19
E’ stata restituita la scorta a capitano Ultimo. Lo ha deciso ieri sera lo stesso Comitato Provinciale per la Sicurezza che il 9 gennaio scorso aveva revocato la tutela al colonnello Sergio De Caprio, inviando una missiva a tutte le strutture coinvolte nella gestione delle scorte della Capitale. Dopo l’articolo di denuncia del settimanale Panorama, la notizia aveva fatto il giro del web e tanti erano stati i commenti di sdegno da parte dei cittadini, per un provvedimento che appariva immotivato: l’ufficiale dei carabinieri, che assieme ai suoi uomini il 13 gennaio del 1993 ha arrestato Totò Riina, è stato condannato a morte da Cosa nostra.
Ed è notizia di questi giorni che il Capo dei Capi dal carcere di Opera ha pronunciato parole di minaccia per i magistrati e per le forze dell’Ordine. Marcia indietro, quindi, da parte del prefetto di Roma Pecoraro che nella riunione di ieri sera ha riconsiderato le posizioni assunte dalla struttura da lui presieduta.
Nella vicenda aveva preso la parola anche la figlia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rita, che aveva stigmatizzato la decisione di annullare la tutela per un investigatore odiato da Cosa Nostra come De Caprio: “Difendendo Capitano Ultimo è un po' come se difendessi mio padre – ha detto – perché anche a lui stanno facendo quello che fecero con mio padre: cercare di isolarlo non permettendogli neanche di fare carriera e di diventare generale. E’ un uomo libero, libero come mio padre: togliergli la protezione significa condannarlo a morte”. Nella giornata di mercoledì anche il senatore Aldo Di Biagio aveva detto la sua, presentando un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno affinché sollecitasse un intervento di rettifica della decisione del Comitato.
Restano ancora senza risposte, invece, le notizie – sempre pubblicate dal settimanale di Segrate diretto da Giorgio Mulè – secondo cui l’ufficiale non è stato ammesso alla Commissione d’avanzamento per la promozione a generale, come avvenuto per i suoi compagni di corso. Secondo i vertici del Comando Generale, l’eroe antimafia non aveva i titoli necessari per essere valutato, poiché non ha mai retto il Comando Provinciale per il periodo di due anni, condizione necessaria ed imprescindibile per passare di grado. Lo stesso regolamento dell’Arma, però, prevede che certi investigatori, preziosi per la lotta alla criminalità, possano ugualmente essere valutati se – sempre per un periodo di due anni con il grado di colonnello – ricoprono un incarico all’interno del Ros, il reparto dell’Arma dedicato alla lotta alle mafie.