Pubblicato il: 19/07/2019 alle 16:50
In questi giorni è stata depositata la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Enna nell’aprile scorso a carico dell’on. Mario Alloro ex Deputato all’ARS, attualmente dirigente dell’IRSAP (difeso dall’avv. Silvano Domina) e di Salvatore Falzone di Caltanissetta (difeso dall’avv. Giuseppe Milano), per avere diffamato nel 2015, a mezzo stampa e social network, Alfonso Cicero al tempo dei fatti Presidente dell’IRSAP, parte civile al processo (difeso dall’avv. Annalisa Petitto), al quale è stato riconosciuto anche il diritto al risarcimento dei danni patiti per la somma complessiva di 25.000 euro. Ecco una parte della motivazione della sentenza:
<<…L'esame degli articoli e degli scritti sul profilo facebook, i documenti acquisiti e le prove orali raccolte in dibattimento hanno dimostrato l’offensività delle frasi pronunciate e la falsità delle affermazioni contenute negli articoli incriminati. Sotto il primo profilo, va subito osservato che le affermazioni risultano, ictu oculi, intrinsecamente lesive dell’onore e della reputazione professionale della persona offesa ove sì consideri che le espressioni utilizzate sia dall’Alloro che dal Falzone non solo sono offensive, ma calunniose, laddove attribuiscono al Cicero una condotta contra legem, nel periodo in cui ricopriva un’alta carica istituzionale, ove si consideri che l’Alloro attribuisce alla persona offesa il fatto specifico di essersi recato a Enna per fare campagna elettorale e reperire voti con la scorta al seguito, e il Falzone afferma che il Cicero operava contra legem nel conferire incarichi legali esterni all’IRSAP. Tra l’altro, dal dibattimento è emerso in modo inequivocabile la non veridicità delle affermazionisia in ordine alla presenza del Cicero ad Enna il 30 maggio 2015 diretta a fare campagna elettorale come falsamente pubblicato negli articoli online contestati (la teste Rosalinda Campanile ha chiarito che in quella data il Cicero s’incontrò con la stessa per farle gli auguri di buon compleanno, che ricorreva il 29 maggio, di presenza visto il rapporto di amicizia intercorrente) sia in ordine al modus del conferimento degli incarichi ai legali, atteso che il Cicero si limitava a sottoscrivere i mandati in qualità di Presidente del C.d.A. secondo quanto prescritto dalla normativa vigente. Inoltre, come riferito dal Cicero in dibattimento – la cui testimonianza, sottoposta a più rigido e penetrante controllo, deve essere ritenuta credibile dal punto di vista soggettivo del dichiarante e attendibile, per la coerenza intrinseca del racconto e la serenità con cui è stata resa – la condotta posta in essere dagli imputati non ha avuto altro scopo che quello di discreditare e delegittimare il Cicero davanti alla collettività denigrandone l’operato e l’attività zelante di denuncia delle gravi irregolarità che riscontrava nei ruoli ricoperti dal 2009.Dunque, le esternazioni pubbliche gravemente calunniose e diffamatorie, di cui al presente procedimento, sono originate dal rancore nutrito dall’ Alloro nei confronti del Cicero sin dal 2009 che aveva avviato, a tutela dell’IRSAP, il procedimento per la revoca dal suo incarico di direttore generale del consorzio ASI di Enna, nonché dal timore dell’estesa e concreta azione di contrasto alle illegalità nell’ambito della gestione del consorzio ASI di Enna, ove l’ Alloro aveva ricoperto, per diversi anni, il ruolo di vertice gestionale. In sintesi, dal dibattimento è emerso che gli imputati hanno condotto una campagna denigratoria nei confronti del Cicero diretta a minarne la credibilità professionale e la reputazione innanzi all’opinione pubblica, attraverso affermazioni non veritiere e dal contenuto oggettivamente infamanti.Infatti, se da un lato la teste Campanile Rosalinda ha escluso in modo categorico e assoluto che si fosse incontrata a Enna con il Cicero perché questi facesse campagna elettorale, dall’altro lato, nessuno degli altri testimoni escussi — e nemmeno lo stesso imputato Alloro – hanno riferito di aver visto, al di là della presenza in loco in data 30 maggio 2015, il Cicero intento in attività diretta al reperimento di voti. Ne deriva che è stata integrata la fattispecie di reato contestata agli imputati di diffamazione aggravata di cui all’art. 595 comma 2 e 3 c.p. commessa a mezzo internet. Presente, inoltre, risulta l'elemento soggettivo che ha accompagnato la condotta degli imputati, costituito, nella fattispecie in esame, dal dolo generico, consistente nella volontà di compiere atti lesivi della reputazione altrui con la consapevolezza dell’idoneità offensiva delle espressioni pronunciate o dei fatti riferiti. Secondo la giurisprudenza di legittimità “è sufficiente a integrare l'elemento psichico la volontà cosciente insita nella consapevolezza della attitudine offensiva della condotta” (v. Cass. 16 giugno 1981, Cederna, in Cass. pen. 1983,1094). Per queste ragioni risulta pienamente integrata la condotta e l'elemento soggettivo del reato ascritto agli imputati…>>