È entrato nel vivo il processo per l’omicidio di Aldo Naro, il giovane medico di San Cataldo ucciso nella discoteca Goa di Palermo la notte del 14 febbraio 2015. Dopo la battaglia della famiglia della vittima, assistita dagli avvocati Salvatore Falzone e Antonino Falzone, sono finiti alla sbarra tre buttafuori: Pietro Covello, Francesco Troia e Gabriele Citarrella. Ieri mattina si è tenuta una lunga udienza dinanzi alla prima sezione della Corte d’assise del capoluogo siciliano. Tra i testimoni sentiti il videomaker Giuseppe Cascio, autore di un breve filmato amatoriale che riprende alcuni momenti della brutale aggressione a Naro avvenuta nel privè del locale, e l’addetta al guardaroba Elena Reas che intorno alle 4 della notte dell’omicidio inviò un messaggio a uno dei presenti nel privè, Valentino Natale, per informarlo che i Carabinieri stavano sequestrano i video della serata.
La testimone ha affermato in aula di avere scritto quella frase come pretesto per avviare una conversazione con l’amico senza suscitare la gelosia della fidanzata. Assente ingiustificato Giuliano Bonura, condannato dalla corte al pagamento di un’ammenda di 100 euro. Bonura, già assolto dal reato di rissa aggravata, verrà sentito nel corso delle prossime udienze. È stata costellata da una sfilza di “non so” e “non ricordo” l’audizione di Giuseppe Militano, il capo dei buttafuori abusivi dello Zen “in servizio” la notte dell’omicidio. A tal proposito il pubblico ministero ha parlato di clima di clima di omertà e reticenza.
Militano ha comunque raccontato di avere incontrato la mattina del 14 febbraio il suo amico Andrea Balsano, all’epoca minorenne, il quale si è poi consegnato ai carabinieri accusandosi di avere sferrato un violento calcio alla testa del giovane medico. Secondo quanto affermato ieri da Militano, Balsano, che non era sicuro di aver colpito Aldo Naro, avrebbe detto le seguenti parole: “Se sono stato io, posso consegnarmi…”. In ogni caso Militano ha poi confermato le dichiarazioni rese ai Carabinieri nel 2015. Benito Zammitti, il buttafuori addetto al privè, ha affermato che uno degli imputati aveva un atteggiamento più veemente degli altri tanto da suscitare la propria perplessità.
Zammitti non ha spiegato il significato di una conversazione telefonica avuta con l’imputato Troia e intercettata dagli inquirenti. Il giorno dopo l’omicidio, infatti, parlando con Francesco Troia, Zammitti affermava: “Però è un bravo ragazzo, che lui è stato partecipe della lite… Però lui è stato parte attiva dell’omicidio… cioè ha più colpa lui di tutti quelli che erano nel privè… perché la lite è partita da dove è lui…”. Zammitti, inoltre, non ha ricordato di avere spostato il corpo di Aldo Naro, ormai agonizzante, all’esterno della discoteca su ordine del proprietario del locale, Massimo Barbaro. Circostanza, quest’ultima, confermata però dallo stesso Zammitti dopo le contestazioni degli avvocati di parte civile. Prossima udienza il 14 febbraio, ottavo anniversario della morte di Aldo Naro. (Nella foto la mamma di Aldo Naro, Anna Maria Ferrara)