Pubblicato il: 12/02/2025 alle 16:28
(Adnkronos) – La Toscana è la prima Regione ad approvare una legge sul fine vita. Il traguardo arriva dopo la sentenza del 2019, poi confermata con un'altra nel 2024, nella quale la Corte Costituzionale ha aperto alla possibilità che le Regioni potessero intervenire sul ricorso al suicidio assistito, nei limiti di quanto previsto dalla sentenza stessa e salvo l'approvazione di una legge da parte del Parlamento. Il Consiglio nazionale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) nel 2020 ha approvato all'unanimità la revisione del Codice deontologico alla luce della sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, che ha individuato una circoscritta area in cui l'incriminazione per l'aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione. L'aggiornamento del Codice deontologico prevede che "non sarà punibile dal punto di vista disciplinare, dopo attenta valutazione del singolo caso, il medico che liberamente sceglie di agevolare il suicidio, ove ricorrano le condizioni poste dalla Corte Costituzionale". "Si tratta dei casi nei quali l'aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l'idratazione e l'alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Se ricorrono tutte queste circostanze, oltre ad alcune condizioni procedurali, l'agevolazione del suicidio non è dunque punibile da un punto di vista penale", sottolinea la Fnomceo. "Abbiamo scelto di allineare anche la punibilità disciplinare a quella penale – spiegava il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, dopo l'aggiornamento – in modo da lasciare libertà ai colleghi di agire secondo la legge e la loro coscienza. Restano fermi i principi dell'articolo 17 secondo i quali il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte. E ciò in analogia con quanto disposto dalla Corte che, al di fuori dell'area delimitata, ha ribadito che l'incriminazione dell'aiuto al suicidio 'non è, di per sé, in contrasto con la Costituzione ma è giustificata da esigenze di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili, che l'ordinamento intende proteggere evitando interferenze esterne in una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio'". Cosa cambierà, dunque, nella pratica? "I Consigli di disciplina saranno chiamati a valutare ogni caso nello specifico, per accertare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale – sottolineava Anelli – Se così sarà, il medico non sarà punibile dal punto di vista disciplinare. In questo modo abbiamo voluto tutelare la libertà di coscienza del medico, il principio di autodeterminazione del paziente e, nel contempo, l'autonomia degli Ordini territoriali nei procedimenti disciplinari, correlandoli con la perfetta aderenza ai dettami costituzionali". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)