Una vera e propria organizzazione che avrebbe messo in piedi un “sistema criminale” per sottrarre ingenti somme di denaro al fisco attraverso una tecnica che mirava ad avvicinare le aziende in crisi, scindere le quote societarie e trasferire il patrimonio in paesi dell’Est Europa attraverso compagini appositamente costituite. Cinque le persone finite sotto processo davanti al tribunale collegiale di Gela, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Tiziana Landoni e Angela Di Pietro), e che adesso sono state condannate. Fra loro c’è colui che è considerato la “mente” dell’intera organizzazione, il noto commercialista gelese Fabio Fasulo che è stato condannato a cinque anni di reclusione. Il Pm, Eugenia Belmonte, per il professionista aveva chiesto 7 anni e 10 mesi di reclusione. Al suo fianco, altri quattro imputati: Lorenzo Li Calzi, Pietro Caruso, Cristian Ciubotaru e Virginie Bongiorno. Li Calzi è stato condannato a 2 anni e 4 mesi; Caruso 3 anni e 3 mesi; Ciubotaru 1 anno e 9 mesi e Bongiorno 2 anni e 4 mesi. A tutti gli imputati sono state concesse le attenuanti generiche.
Disposta anche la confisca di beni, appartenenti agli imputati, per oltre 12 milioni di euro. Un'organizzazione che avrebbe fornito un servizio di "pronto intervento" per il "risanamento" illegale di aziende in crisi economica. Al centro dell'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Gela, c'è il commercialista gelese Fabio Paolo Fasulo. Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Cristina Alfieri, Flavio Sinatra, Angelo Cafà e Giusy Ialazzo, ha sostenuto che i loro assistiti non avrebbero ricoperto nessun ruolo attivo nel sistema creato da Fasulo. Una tesi che però non ha convinto il Tribunale di Gela.