(di Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Quattro condanne, un assolto e una posizione stralciata. A loro avrebbe fatto capo un giro di droga a Sommatino. Tranne per uno di loro assolto da ogni capo. È quanto, in concreto, ha sancito il verdetto emesso ieri dal gup Emanuela Carrabotta nei confronti di sei sospetti pusher giudicati con il rito abbreviato. E che sono stati condannati ma con pene assai inferiori alle richieste della procura. A cominciare dal cinquantaseienne Salvatore Chiarelli (assistito dagli avvocati Danilo Tipo e Giovanni Sanfilippo) condannato a 3 anni e 4 mesi a fronte dei 16 anni di carcere chiesti dal pm Claudia Pasciuti. Lui che è ritenuto un po’ il personaggio chiave dell’intero scenario al centro dell’inchiesta dei carabinieri ribattezzata «Mola», incentrata su un sospetto traffico di cocaina, marijuana e hashish a Sommatino. Proprio nel rione Mola.
Segue con 2 anni e 6 mesi, a fronte di una richiesta di 8 anni e 8 mesi, il ventiquattrenne egiziano Said Chaban Tamraz (assistito dall’avvocatessa Adriana Vella), mentre per il ventiduenne Christian Chiarelli (assistito dall’avvocato Calogero Domante) è stato disposto lo stralcio con gli atti che vanno al tribunale per i minorenni perché all’epoca dei fatti non aveva ancora compito la maggiore età. Unico totalmente assolto è il padre di Christian, il cinquantaquattrenne Calogero Chiarelli (avvocato Calogero Domante) a carico del quale il pm aveva chiesto 8 anni di reclusione.
Nel gran calderone anche la posizione della ventitreenne Rosalia Ylenia Alletto condannata a 5 mesi e 10 giorni con pena sospesa – per lei la richiesta è stata di un anno e quattro mesi – tirata in ballo per un precedente episodio rispetto ai fatti al centro dell’inchiesta “madre”. Sì, perché nell’aprile di quattro anni fa è stata fermata insieme a un altro giovane coinvolto in questa inchiesta principale – per cui ha già patteggiato la pena – il ventottenne Fabio Chiarelli, che ora è stato condannato a 8 mesi in continuazione . I due, nel 2019, erano stati trovati con un panetto di due etti di hashish. Le accuse, a vario titolo, per loro sono di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga, singoli episodi di smercio, detenzione e porto di armi. Per le armi sono stati riconosciuti responsabili Salvatore e Fabio Chiarelli e il giovane egiziano.
Più in dettaglio, il reato associativo è stato contestato nell’ordinanza ai Chiarelli e all’egiziano. Poi qualcosa come undici episodi di spaccio di hashish, racchiusi in altrettanti capi d’imputazione, per uno smercio di droga che sarebbe racchiuso nell’arco temporale che va da febbraio a maggio del 2019. E al gup Emanuela Carrabotta, la difesa ha chiesto l’assoluzione di tutti gli assistiti, sostenendo la tesi che non hanno nulla a che fare con la presunta attività di spaccio. Sì, alle pesanti richieste di condanna per droga da parte della procura hanno fatto da contraltare le repliche della difesa. Tutto nel naturale gioco delle parti processuali. Conclusioni in totale antitesi. Da un lato l’accusa che ha già avanzato proposte severe per droga e, dall’altro, i difensori che hanno sostenuto a gran voce l’estraneità dei rispettivi assistiti. Secondo lo spaccato tracciato da carabinieri e magistrati il gruppo familiare avrebbe trafficato di tutto a Sommatino, tra cocaina, marijuana e hashish.