Pubblicato il: 18/02/2021 alle 18:26
Signor Presidente del Consiglio,
voglio cominciare da una questione che mi sta molto a cuore.
La denatalità in Italia ha assunto i caratteri dell'emergenza, con riflessi devastanti sull'economia e le prospettive future di crescita.
Nel 2019, per il settimo anno consecutivo, è stato registrato un nuovo superamento, al ribasso, del record di denatalità̀: i nati sono stati solo 420.084, il 4,5% in meno rispetto al 2018, il 27% in meno rispetto al 2008. Anche nel 2020, si è registrata una drastica ulteriore riduzione delle nascite. Oggi in Italia ci sono 5 anziani per ogni bambino ed il tasso di denatalità fa registrare numeri abnormi al sud.
Questo preoccupante trend demografico negativo ha dato e sta dando un contributo diretto sensibilmente negativo all’economia del nostro Paese. Abbiamo poco più di un lavoratore per ogni pensionato, ma non è solo la riduzione dell’offerta aggregata di lavoro ad incidere sui cosiddetti fondamentali di un Paese, bensì la complessiva incidenza del capitale fisico sugli andamenti della produttività, considerato che quest’ultima è risultato della differente forza fisica, ma anche delle diverse capacità cognitive tra giovani e meno giovani nonché della diversa propensione all’innovazione.
Un Paese “vecchio” è carente di inventiva, sotto-investe, è poco dinamico e sempre meno produttivo, diminuisce la sua competitività sui mercati internazionali vede ridursi il dinamismo dei consumi: in altre parole, alimenta un circuito di stagnazione e mina la coesione sociale, poiché un popolo si sfilaccia tra tanti individui che non guardano al futuro con speranza ma sono impegnati a guardarsi – spesso con sospetto – gli uni gli altri.
Abbiamo molto apprezzato la sua insistenza sulle responsabilità verso le future generazioni e sulla necessità di guardate ad esse piuttosto che alle prossime elezioni.
Per questo mi permetto di dire che la sostenibilità del nostro welfare, la competitività, la crescita economica, direi la sopravvivenza stessa della Nazione, impongono a questo Governo di determinare una inversione di tendenza del trend, con nuove politiche demografiche e di welfare.
Per la concreta Ricostruzione del Paese, occorre generare una rinnovata fiducia per la natalità, e proteggere e promuovere la dimensione familiare nei suoi diversi ambiti (dal fisco, all’istruzione alla appropriata presa in carico di tutte le persone fragili e dei diversamente abili).
Lo stesso Presidente Mattarella non più tardi di una settimana fa, ha affermato che la “natalità è il punto di riferimento più critico principale di questa stagione (….) va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno.”
Fenomeno che è particolarmente drammatico al centro Sud. Perché si aggiunge ad altre situazioni congiunturali.
Il Sud dal 2017 a oggi ha perso quasi il 20% del PIL e l’occupazione è calata di oltre il 10% (tre volte rispetto al Nord); i suoi giovani per circa il 40% sono “neet”, ovvero non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione. Molti altri giovani, anche con elevati livelli di scolarizzazione, migrano invece al Nord o all’estero, impoverendo il capitale umano del Sud.
La pandemia ha funto da ulteriore acceleratore e amplificatore delle ingiustizie e delle disuguaglianze che interessano le due macro-aree del Paese, aggredendo una struttura socio-economica di per sé già esposta e precaria a causa della frammentarietà del lavoro e della debolezza del tessuto produttivo. SIAMO IN PIENA EMERGENZA SOCIALE.
A tal fine dobbiamo segnalare che le fragilità giovanili sono state amplificate, al Sud come al Nord, dalla chiusura di palestre, piscine, strutture sportive e conseguenti movimenti sportivi che hanno generato sfiducia e dato il colpo di grazia sociale e psicologico alle nostre già fragili popolazioni giovanili.
Evidenziare i problemi e le difficoltà del Mezzogiorno senza, però, avanzare proposte concrete per il suo rilancio equivale, in buona sostanza, a esercizio sterile e fine a se stesso.
È ora di mettere in campo una strategia tangibile di coesione territoriale recuperando il ruolo della Politica Generale, che considera obiettivi riferiti a tutto il Paese ma che è in grado di concentrarsi sulle condizioni che rendono la loro applicazione più difficile in talune Aree (lasciando alle politiche regionali la possibilità di integrare le risorse).
La messa a sistema degli investimenti pubblici e privati con il Recovery Fund, costituisce l’occasione, dopo 50 anni, per abbandonare le politiche sterili e clientelari che sono state funzionali al protagonismo di classi dirigenti inadeguate e recuperare una prospettiva di sistema per il Sud.
Solo un approccio di sistema per il Sud può consentire che questo intervento pubblico nell’economia e nella società tenga presenti i divari potenziali di applicazione nei diversi territori e predisponga ex ante adeguati correttivi.
Solo un approccio di sistema da parte del Governo Nazionale in termini di Politica Generale può evitare gli opposti rischi di eccessiva frammentazione o concentrazione degli interventi nonché il perdurare di un’ottica di sussidio inefficace e distorsiva, che non determina uno sviluppo delle attività produttive.
Solo la Politica Generale può porre l’enfasi sulla qualità e l’efficienza oltre che sulla quantità delle risorse. Non occorre al Paese un falso meridionalismo piagnone che si accontenta di denunciare torti per pretendere risorse pubbliche senza offrire efficacia, qualità e risultati. Occorre un meridionalismo consapevole all’interno di una politica generale che non consideri il Sud la perenne periferia in cerca solo di risorse da distribuire.
Senza la crescita del Mezzogiorno ad un ritmo che si avvicini a quello del Centro Nord sarà impossibile registrare lo sviluppo economico del Paese secondo parametri europei e mondiali.
Circa le cause che macroscopicamente balzano agli occhi, emerge la scarsa efficienza della Pubblica Amministrazione con scarsi servizi alla popolazione in Sanità, Istruzione, Assistenza Sociale, Tribunali, Infrastrutture.
Concludendo: in Italia da troppi anni il grande assente è “il contributo dei singoli cittadini alla società”. Ciò è avvenuto per l’assenza di un clima di fiducia a tutti i livelli: fra cittadini, fra istituzioni, e fra cittadini e istituzioni.
Come pensare di far ripartire il Sud o la natalità, per restare nei temi che umilmente mi sono permesso di proporre, in assenza di fiducia, magari frutto di scelte perlomeno discutibili come quelle che abbiamo visto ultimamente in campo sanitario!
Anche per questi motivi, Signor Presidente del Consiglio, riteniamo che il Paese sia pronto per ripartire e come già noto la Lega darà il suo contributo dando la fiducia al Governo da Lei guidato.
Grazie per l’attenzione.