Pubblicato il: 14/10/2013 alle 10:19
Iniziata la gravidanza, la donna viene accompagnata costantemente da un pensiero: “Sarà sano il mio bambino?”.
Quello che spaventa di più sono le anomalie cromosomiche per le quali oggi abbiamo diverse possibilità diagnostiche, una di queste è lo screening del primo trimestre.
E' un esame non invasivo che può essere effettuato tra 11 0 e 13 6 settimane di amenorrea e che consiste in un prelievo di sangue ed una ecografia.
Col prelievo vengono dosati due ormoni prodotti dalla placenta, mentre con l'ecografia viene misurata una zona contenente fluido a livello della nuca fetale (translucenza fetale).
I risultati vengono inseriti in un apposito programma che effettuerà un calcolo statistico riguardo al rischio di anomalie cromosomiche e che solamente i ginecologi accreditati posseggono.
Ogni donna, infatti, ha un rischio età-dipendente di avere un feto con anomalie cromosomiche, ovvero, tanto maggiore è l'età della donna, tanto maggiore è il rischio che il feto possa essere affetto da anomalie cromosomiche. Ad esempio, per una donna di 30 anni, il rischio di cromosomopatie è di 1:626.
Se l'esito del prelievo va bene e la misurazione della translucenza nucale pure, il programma elaborerà un rischio minore rispetto a quello per età. Al contrario, se la translucenza risulta aumentata e gli ormoni sono alterati, il programma elaborerà un rischio alto, pertanto il ginecologo consiglierà fortemente la diagnosi prenatale invasiva che consiste nella villocentesi o nell’amniocentesi.
Lo screening rappresenta anche un momento per valutare l’anatomia fetale indagabile nel primo trimestre e la translucenza aumentata dà inoltre delle informazioni riguardanti altre patologie come le alterazioni della sintesi delle proteine e le malformazioni cardiovascolari e linfatiche.
Non si dovrebbe pertanto perdere l’opportunità di eseguire un esame così importante nel primo trimestre.