E' stata senza ombra di dubbio una delle pagine più nere della storia di Caltanissetta, forse la più nera della storia recente. L'uccisione del sindaco Michele Abbate rimarrà scolpita nei ricordi più tristi dei nisseni. Il sindaco buono, come venne definito, il sindaco in jeans, come venne chiamato, venne trafitto da una coltellata al cuore mentre usciva dal suo studio di medico. Dal giorno della sua uccisione al giorno dell'arresto del suo assassino trascorse una settimana. Una settimana di indagini febbrili da parte della polizia, di sgomento da parte dei cittadini, ma anche di gratuite speculazioni sul movente. Mentre da più parti si ipotizzava l'azione di un balordo e la polizia su questa pista indagava, altri, politicizzati, indicavano nel mondo affaristico-mafioso la mano assassina. Michele Abbate ucciso perché si era battuto contro il malaffare della criminalità organizzata. Certo Abbate era prima di tutto un galantuomo al di fuori della politica e amministratore onestissimo da sindaco, ma la pista privilegiata dai "politichesi" era senza basi, assurda, inspiegabile, eppure i "politichesi" e aluni giornalisti, di quelli "di peso" erano orientati, forse in malafede verso questo indirizzo. Fu una settimana di passione anche in redazione ed io mi ritrovai catapultato ad occuparmene in prima persona. (…) Un solo colpo, allo sterno.
Una coltellata tanto violenta da ucciderlo. Inutile la corsa verso l'ospedale Sant'Elia. L'ultimo respiro appena entrato in sala di Rianimazione. Michele Abbate, 49anni, ha incontrato la morte in via Consultore Benintendi, una via conosciuta a Caltanissetta come la "Strata 'a Foglia". Lì ogni mattina vengono montate le bancarelle per la vendita di frutta e verdura. Lì Abbate aveva il suo studio di medico. Come ogni pomeriggio, dopo aver trascorso la mattinata in Municipio riceveva i suoi pazienti. Lo ha fatto anche quel pomeriggio. Fino a pochi attimi prima di incontrare il suo assassino. Il sindaco aveva aperto il portone che dà sulla strada. Era ancora all'interno quando un giovane gli si è parato davanti. Abbate teneva strette nella mano destra le chiavi della sua auto. Nella sinistra la borsa di lavoro. All'improvviso quel fendente. Con un coltello di tipo subacqueo, con una lama lunga 15 centimetri. Il coltello penetra tra il petto e lo sterno. Abbate grida aiuto. L'assassino fugge. Si allontana qualche decina di metri e in via Polizzi si libera di un giubotto in pelle, di colore rosso e nero, che indossava. Nel frattempo il sindaco si affaccia sull'uscio, grida ancora aiuto. Si tiene con le mani quel coltello gli lacera il petto. Istintivamente lo estrae, mentre un commerciante della zona, un materassaio, Michele Livecchi, gli si avvicina.
Contemporaneamente anche una donna, Mariella Cammarata, che stava uscendo da un negozio abbraccia Abbate, quasi a confortarlo. Ancora non intuiscono cosa è successo. Vedono però del sangue. Il materrassaio si precipita in una farmacia che è poco distante. "Correte, hanno accoltellato il sindaco" grida. Il primo a giungere in via Consultore Benintendi è il commesso della farmacia, Gerlando Lo Munto. Dietro di lui il farmacista Totò Messana, amico di vecchia data di Abbate. Il farmacista capisce che non c'è tempo da perdere. "Michele – dice – mi implorava con gli occhi di aiutarlo, ma non aveva più la forza di parlare". Viene fermata un'auto di passaggio e la corsa verso l'ospedale. I medici del pronto soccorso capiscono che non si può perdere tempo e avvertono i colleghi della Rianimazione, al quinto piano dell'ospedale. Abbate ha il tempo di entrare in una delle sale del reparto, quando cessa di vivere. Scatta a questo punto la caccia all'assassino. In via Consultore Benintendi arrivano i primi investigatori. Viene trovato il coltello e tra la chiazza di sangue lasciata da Abbate quattro mozziconi di sigarette. E' questo il primo sospetto: quelle cicche sono state lasciate dall'assassino che ha fumato in attesa della sua vittima? E poi ancora quel giubbotto in pelle abbandonato dall'omicida. Lo ha gettato perché troppo vistoso? Ipotesi e solo sulle ipotesi fino a tarda notte i poliziotti della Squadra Mobile stanno lavorando. In loro aiuto pochi testimoni. Tra questi una bambina di 9 anni. Stava giocando in una delle viuzze che circondavano il luogo dell'assassinio quando ha visto correre un giovane. Ai poliziotti ha detto di non averlo visto in faccia, ma di avere notato una sagoma.
Labili appigli su cui il lavoro degli investigatori si inerpica. Negli uffici della questura sono state portate decine di persone. Commercianti, passanti, abitanti della zona, che possono aver visto qualcosa. Nella tarda serata due cittadini extracomunitari vengono portati anche loro negli uffici di via Catania. (…) Le indagini sono affidate al sostituto Loretta Bianco. E' stata lei, assieme al capo della Mobile Carmelo Casabona, ad interrogare fino a tarda ora i due extracomunitari. (…) Le indagini. Un tossicodipendente, poco più che un ragazzo. Sarebbe lui il maggior sospettato dell'uccisione del sindaco di Caltanissetta. Su di lui vi sarebbero diversi indizi, ma nessuna prova. Il questore di Caltanissetta, Mario Canale Parola, semplifica il tutto con una frase: "Il cerchio si sta chiudendo, ma ci manca il lucchetto per chiuderlo". Ma il questore non si ferma a questo, anzi. Punta l'indice contro la città: "Non è possibile che nessuno abbia visto, eppure non abbiamo collaborazione. C'è paura, ma non è comprensibile, non può essere condivisa". Sono un centinaio le persone ascoltate dagli investigatori, e finora ciò che hanno raccolto sono labili e a volte divergenti particolari. Poca cosa. Troppo poco per far scattare il fermo nei confronti del giovane sospettato, che dopo diverse ore di interrogatorio è stato rilasciato. L'indizio più pesante arriverebbe dal giubotto che sarebbe stato gettato dal killer poco distante la via Consultore Benintendi, dove è stato ucciso Abbate. Un giubotto in pelle di colore rosso e nero. Alcuni agenti della questura, nel corso di controlli effettuati giorni addietro, avevano notato il giovane sospettato proprio con un giubotto uguale. Una coincidenza? Il giovane sarebbe stato indicato anche dal sindaco Abbate come un suo persecutore, fino a due giorni prima di essere ucciso. Ne aveva parlato con alcuni amici. "Non ne posso più – aveva raccontato durante una cena -. Mi perseguita – aveva detto, senza indicare però il nome – e mi ha minacciato di morte. Vuole i sussidi del Comune e si presenta sia in Municipio che al mio studio". Poi Abbate, vedendo la preoccupazione trasparire dal volto dei suoi amici aveva aggiunto: "Ma è un pazzo, parla minaccia, ma non farà mai nulla", quasi a volerli tranquillizzare. (…)
La svolta. Il giorno dopo l'omicidio ha compiuto 21 anni. Ha ucciso l'uomo che da tempo lo aiutava, lo aveva assistito, gli aveva anche portato in casa la spesa per la festa di Natale. Antonio William Pilato ha ucciso il sindaco di Caltanissetta. Dopo una settimana dall'assassinio si svela il giallo dell'accoltellamento di Michele Abbate. Diverse le tracce che hanno portato alla sua identificazione. Dapprima le piccole tracce lasciate durante la fuga, dallo studio medico del sindaco: il giubotto, il coltello, ma sopratutto, è questo forse l'indizio che ha portato dritto a lui, un errore commesso poco prima dell'assassinio. Antonio William Pilato aveva segnato il proprio nome nella lista dei pazienti in attesa di essere visitati da Abbate. Inizialmente questo fatto è stato forse sottovalutato. Sarebbe stato troppo facile. Sarebbe stata la firma dell'omicidio e gli investigatori si sono gettati a capofitto su altre piste. (…) All'ora di pranzo la svolta. Gli agenti vanno a casa di Antonio William Pilato, 21 anni. Lui è in casa. "Appare tranquillo", dice un agente, ma basta un'attenta perquisizione della sua casa per trovare "il tassello": il fodero di un coltello che combacia perfettamente con quello usato dall'assassino, nascosto dietro ad un libro. E poi in un angolo della sua stanza un flacone con all'interno una miscela di medicinali, forse pronti per il suicidio. Antonio William Pilato viene portato in Questura. Bastano pochi minuti di interrogatorio, prima nega, poi messo a confronto con alcuni testimoni, scoppia a piangere e confessa ogni cosa. "Ero disperato, avevo bisogno di soldi, ma soprattutto di lavoro", farfuglia. Vengono immediatamente chiamati i magistrati e in questura arrivano il procuratore capo Giovanni Tinebra, l'aggiunto Francesco Paolo Girodano e i sostituti Loretta Bianco e Antonio Patti. Vengono anche chiamati alcuni avvocati per assumere la difesa del giovane, ma divesi sono quelli che rifiutano. Accetta soltanto l'avvocato Filippo Siciliano, uno dei penalisti più anziani di Caltanissetta. "Ma soltanto – afferma – come difensore di ufficio, fino a quando non nominerà un proprio difensore". In attesa, fino a tarda ora, oltre ai vari cronisti e cineoperatori, si sono radunati un migliaio di persone. Sono questi i cittadini che a mezzanotte, applaudono il procuratore Tinebra mentre esce. Davanti alla questura ci sono anche gli assessori di Michele Abbate. Appena vengono a conoscenza del nome dell'assassino si guardano stupiti.
"Lo conosciamo, eccome se lo conosciamo – dice il vicesindaco Giuseppe Iacono – a Natale, Michele ci ha chiesto di fare un'offerta, soldi che dovevano andare proprio a lui e alla sua famiglia". Abbate il suo assassino lo conosceva bene, lo conosceva da quasi due anni, prima ancora di essere eletto sindaco. Antonio William Pilato è stato anche aiutato dal sindaco mentre svolgeva il servizio di Leva. Si trovava a Sabaudia e gli ha chiesto se poteva farlo "avvicinare". Il sindaco si è prodigato, anche per fargli ottenere il precongedo. Nel maggio dell'anno prima l'assassino soffriva di una "grave forma di depressione" e Abbate, come medico si rivolse all'ospedale militare di Palermo per perorare la causa del giovane. Probabilmente, quando se lo è trovato di fronte sulle scale dello studio non ha sospettato nulla. Poi quel coltello, quella pugnalata che lo ha ucciso. (Dal libro di Giuseppe Martorana, redattore del Giornale di Sicilia, "Se mi cadesse un aereo sulla testa)