Pubblicato il: 24/09/2014 alle 04:30
Nelle scorse settimane la psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale Jenny Vendra, ha spiegato, in generale e con parole semplici, che cosa è l'Alzheimer (leggi l'articolo se lo hai perso). In questo articolo sarà affrontato il problema di tale patologia cronica non soltanto dal punto di vista del malato ma anche per chi lo frequenta e vive con lui.
Purtroppo, infatti, tale patologia cronica è una malattia che non soltanto affligge il malato ma si ripercuote emotivamente sui caregivers, dunque su chi si prende cura e assiste il malato, principalmente un familiare (es. figlio, coniuge ecc.). Dinnanzi ad una diagnosi di Alzheimer il familiare del paziente vive un profondo un lutto per la perdita di quella relazione importante, da cui si difende con primitivi meccanismi di difesa quali il rifiuto e la negazione della patologia del familiare. La non accettazione della malattia del proprio congiunto comporta una distorta e pericolosa identificazione tra la malattia e l’identità della persona: i sintomi non vengono visti dal caregiver come espressione della patologia ma come forme di provocazione o simulazione da parte del familiare malato con il conseguente innescarsi di un circolo vizioso fatto di rabbia e frustrazione. Spesso i familiari rifiutano di vedere il problema: nella maggioranza dei casi solo a distanza di uno o due anni dall’insorgenza del disturbo i familiari ricorrono all’aiuto degli specialisti poiché spesso i sintomi vengono liquidati come capricci, o semplici manifestazioni legate all’invecchiamento o spesso confusi con stati depressivi.
Una volta conosciuta la diagnosi di Demenza il caregivers si confronta con compiti gravosi: assunzione di responsabilità che venivano prima gestite dal familiare prima della patologia; fare i conti con i propri limiti e energie; pianificare un impegno costante da investire nell’assistenza al malato; contenere la conflittualità interfamiliare (genitori, fratelli ecc.) riguardante gli aspetti logistici della difficile gestione del proprio congiunto. Nasce quella che tecnicamente viene definita “Stanchezza per la compassione” : la sensazione del caregivers è quella di essere soli, abbandonati, accompagnata da un profondo vissuto di vergogna e senso di colpa per la paura di non farcela e di non essere competenti, che si trasforma i frustrazione e aggressività. Si istaura una dinamica disfunzionale: il malato di Alzheimer vive un profondo disorientamento nel tempo e nello spazio (dimentica dove si trova, in che anno, con chi vive, qual è la sua casa ecc.) che non riesce a comunicare verbalmente a causa dell’afasia, ma esprime soltanto mediante modalità spesso adesive di attaccamento che lo rendono completamente dipendente dal familiare; dall’altra parte abbiamo il marito, la sorella o altre figure significative che vivono dolore, frustrazione e impotenza dinnanzi a quella persona cara che non ricorda più nemmeno i loro nomi. Comincia così un escalation di condizioni dolorose e frustranti: la costante perdita di oggetti da parte del malato e le accuse di furto rivolte ai figli (ideazione paranoide); fenomeni di disorientamento con rischi di vagabondaggio, allontanamento e fughe; le reazioni violente date dall’incapacità del soggetto con demenza di esprimere verbalmente e correttamente i propri bisogni. Il genitore che prima ci trattava amorevolmente inizia ad aggredirci e accusarci, quel marito che tanto ci aveva amato ora si dimentica di noi, quel fratello che era sempre stato garbato ora esibisce tutta una serie di comportamenti e condotte fortemente imbarazzanti: il risultato spesso è il conseguente isolamento e la riduzione della rete sociale di supporto, poiché lo stato di vergogna domina il timore che quel familiare possa agire in pubblico o con i propri amici in modo inadeguato. Il familiare smette di chiedere aiuto, riduce la sua vita relazionale ad una disfunzionale dinamica a due.
Per ulteriori chiarimenti contattare l’associazione (0934.510350) o il presidente Salvatore Buccoleri (0934.575805).
E-mail: vendrajenny@libero.it; cell.328 6580531
sito internet: https://plus.google.com/108956656458369677158/posts
Vedi anche: Alzheimer: dall’esperto le rispose ai quesiti più frequenti