Pubblicato il: 05/01/2023 alle 08:15
E’ noto che il corpo del Papa, Romano pontefice o Sommo pontefice, massima autorità religiosa riconosciuta nella Chiesa cattolica, dopo la sua morte, viene “conservato” anche allo scopo di poter esporre la sua salma ai fedeli. Proprio in questi primi giorni del 2023, stiamo assistendo a tale rito, in occasione della morte del Papa emerito Benedetto XVI. Dopo tre giorni di camera ardente, giovedì 5 gennaio 2023, saranno celebrati i funerali nella basilica di San Pietro. Da Papa Francesco. Afferma padre Francesco Romano, docente di Diritto Canonico: «La morte di un Pontefice, pur appartenendo alla condizione condivisa da tutti i mortali, non può essere vista come un evento che lo associa a quello degli altri uomini. I riti, le usanze, l’osservanza di un rigoroso cerimoniale, contraddistinguono la scomparsa di qualsiasi personalità di tale rango. Non dimentichiamoci che il Romano Pontefice oltre a essere capo spirituale della Chiesa cattolica è anche un sovrano monarca. Un titolo divenuto sempre più desueto, che però nei fatti continua a sopravvivere, anche se molti segni esteriori, inclusa la nomenclatura, sono andati progressivamente scomparendo con gli ultimi Papi.
La morte di un Pontefice non poteva sfuggire a un complesso di norme regolatrici di quel vasto cerimoniale nel quale si inserisce lo svolgimento di tutte le sue attività pubbliche, pastorali e di governo. La constatazione di morte veniva svolta con una procedura molto empirica e solenne, senza alcun riferimento a cognizioni medico scientifiche, affidandone l’accertamento al cardinale camerlengo che con tre colpi dati con un martello d’argento sulla testa del Papa gli chiedeva contemporaneamente per ognuno di essi di rispondere se era vivo, “vivis?”. La mancata risposta ai tre colpi equivaleva alla diagnosi di morte formalizzata con la frase: il Papa è morto per davvero “vere Papa mortuus est” che dava ufficialmente inizio alla Sede vacante in cui si svolgevano i novendiali, le esequie e il conclave, come accade ancora oggi. Nessun commento su questa procedura se non che ogni cosa ha un senso se viene letta e interpretata secondo le categorie del proprio contesto storico.
L’imbalsamazione del corpo dei defunti Pontefici è stata una pratica molto antica che ha conosciuto alcuni cambiamenti nelle modalità di esecuzione, finalizzata alla loro conservazione, seguendo una procedura simile a quella degli Egizi con l’asportazione degli organi interni – chiamati precordi – in particolare il cuore e gli organi vicini al cuore. I precordi venivano custoditi in urne di porfido in una cripta dietro l’abside della chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio presso Fontana di Trevi. Era la parrocchia del Quirinale dove avevano dimorato i Pontefici fino al 1870. Nella chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio sono custoditi i precordi di ventitré Papi da Sisto V a Leone XIII. L’imbalsamazione fu abolita da quando Pio X nel 1904 espresse nel suo testamento la volontà di non essere sottoposto a tale pratica.
Oltre alla conservazione dei corpi può essere interessante sapere che in tutta Europa si era affermata la consuetudine di dare al cuore di un defunto di rango una sepoltura privilegiata. Per esempio la collezione della basilica di Saint Denis, che raccoglie il cuore di S. Luigi IX re di Francia (1215-1270) e dei successori fino alla rivoluzione francese; la collezione di Augustinerkirke di Vienna, dove si trova la herzgruft, in cui sono custodite 54 urne con cuori di personaggi imperiali deceduti tra il 1637 e il 1878; la collezione della Cappella della Patrona Bavariae, che raccoglie tutti i principali elettori e re bavaresi. Il cuore di San Francesco di Sales, morto a Lione nel 1622, è conservato nella Chiesa del Monastero della Visitazione di Treviso; il cuore di San Camillo de Lellis (1550-1614) contenuto in una teca di cristallo di Murano è conservato presso la Casa Generalizia dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. E così molti altri.
In tempi più recenti la procedura di mantenimento del cadavere non è più un intervento invasivo come per l’imbalsamazione, ma è una preparazione del corpo in modo da mantenerlo in buono stato conservativo durante tutti i giorni dell’esposizione della salma al pubblico. Una miscela di acqua, formaldeide e altri prodotti chimici viene inserita nel sistema circolatorio, nella cavità toracica e addominale che per gravità raggiunge anche gli organi cavi prima di essere attaccati dai batteri. Il procedimento richiede molta competenza da parte di un tecnico specializzato in materia detto “tanatoprattore” e si basa essenzialmente su due operazioni: l’iniezione di una soluzione conservante fatta per via arteriosa e il drenaggio dei liquidi biologici, delle materie e dei gas tramite prelievo. L’obiettivo di questo metodo è infatti quello di sospendere l’autolisi del corpo. L’esecuzione di queste fasi tecniche consiste nell’arrivare alla saturazione completa dei tessuti con la soluzione chimica.
Da questo rapido excursus si può capire che l’argomento che riguarda la dipartita del Papa, e tutto quello che ne segue, è materia che viene disciplinata con regolamenti disposti da lui stesso, o mantenendo quelli in uso o apportandovi cambiamenti in previsione della sua morte. Il Codice di Diritto Canonico, di cui il Papa è legislatore, ha tutt’altra finalità come strumento che entra nella vita della Chiesa per aiutarla a realizzare la missione salvifica che il Signore le ha affidato e non si occupa di disciplinare le procedure da seguire per il trattamento delle spoglie del Papa defunto. Spetta unicamente allo stesso Papa decidere come esse dovranno essere trattate fin dal momento dell’accertamento del suo decesso, disponendo nuove norme o lasciando invariate quelle in uso».
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Ma qui, ora, vorrei ricordare cosa ha potuto determinare, alla fine degli anni Cinquanta, l’esposizione della salma di un Papa: specificatamente l’esposizione della salma di Pio XII. Nella notte del 5 ottobre 1958, Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, Papa Pio XII, viene colto da un’ischemia che lo manda in stato comatoso. Mentre il Pontefice giace intubato in stato di semicoscienza, Riccardo Galeazzi Lisi – oculista, membro onorario della Pontificia Accademia delle scienze, archiatra pontificio e medico personale di Papa Pio XII – si serve di una piccola polaroid nascosta nella giacca e gli scatta una ventina di fotografie, che venderà al rotocalco Paris Match. Gli scatti sono impietosi e tra di essi spicca la foto di Pio XII con la cannuccia per l’ossigeno.
Incredibilmente, tra il pomeriggio del 6 ottobre e la mattina del 7 il Pontefice riprende conoscenza e lucidità, ma si tratta di una breve parentesi e l’8 ottobre cade di nuovo vittima di una crisi cardio-circolatoria, morendo infine nella mattinata del 9 ottobre. Alla morte di Papa Pacelli, Galeazzi Lisi si fa avanti per praticare alcune procedure di imbalsamazione da lui stesso ideate e definite come “rivoluzionarie”, concordate in precedenza con lo stesso Pacelli: il medico avvolge la salma dentro alcuni strati di cellophane insieme a una miscela di erbe aromatiche, spezie e prodotti naturali, simili a quelle, secondo lui, che erano state utilizzate per seppellire Gesù Cristo. L’incredibile impacco di nylon tuttavia, non solo non permette una buona conservazione della salma, ma ne accelera addirittura il decadimento. Non appena il corpo viene esposto a Castel Gandolfo, il viso del pontefice si riempie di centinaia di rughe. Nessuno se ne preoccupa, ma incredibilmente, in pochissimi minuti inizia quella che passerà alla storia come la “più veloce e ributtante decomposizione in diretta che la storia della medicina legale ricordi”.
Inizia un furioso succedersi di fenomeni cadaverici trasformativi. Così come la descrive il Dottor Antonio Margheriti: “E’ la decomposizione in diretta sotto gli occhi inorriditi degli astanti, in seguito all’aberrante “imbalsamazione” brevettata e praticata dall’archiatra Galeazzi Lisi.” La salma si gonfia nella zona del ventre a causa dei gas provocati durante la decomposizione accelerata; per la stessa ragione, il viso si ingrigisce e dagli orifizi, specie dalla bocca, cola liquame scuro che scorre lungo il volto e si deposita nelle orbite degli occhi. Il corpo rilascia un odore nauseabondo, che provoca il regolare svenimento delle guardie nobili destinate a vegliare su di esso e che per questo sono costrette ad alternarsi sempre più frequentemente. Tuttavia, quello che sembra il peggior scenario possibile, è destinato a peggiorare. Dopo la veglia a Castel Gandolfo, ora il corpo del Papa è pronto per essere esposto all’omaggio dei civili. Durante il trasporto verso la Basilica di San Pietro tuttavia, il corpo di Pio XII, già terribilmente gonfio, emette un terribile scoppio che provoca l’esplosione del torace e lo squarciarsi del petto. E’ uno spettacolo orribile, che però va sistemato il più presto possibile, poiché il corpo del Papa defunto deve essere esposto e sempre visibile ai fedeli. Tra miasmi nauseabondi, i presenti assistono al terribile decadimento del corpo di Pacelli il cui aspetto diventa sempre più mostruoso: la pelle è ormai nera, il setto nasale ed i muscoli facciali cadono rovinosamente e, orribilmente ritratti, fanno risaltare la chiostra dei denti in una risata agghiacciante.
Nella notte, si procede a una seconda imbalsamazione, che tuttavia non può rimediare ai danni provocati dal formidabile sistema utilizzato da Galeazzi Lisi, ma solo porre un lieve rimedio. Il volto del Papa è talmente sfigurato, da necessitare di una maschera di cera e composti alcalini, che lo celino alla vista dei fedeli. Il corpo di Papa Pacelli rimane così in esposizione per nove giorni, prima di trovare finalmente pace nelle Grotte Vaticane. Riccardo Galeazzi Lisi invece, viene licenziato in tronco e, una volta scoperta anche la speculazione sulle fotografie a Pio XII, bandito per sempre dal Vaticano. Da allora, sul soglio di Pietro si sono succeduti Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), Paolo VI (Giovan Battista Montini), Giovanni Paolo I (Albino Luciani), Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla), Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) e l’attuale Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio).
Leandro Janni