Pubblicato il: 21/10/2024 alle 12:22
Il direttore dell'Unità Operativa Complessa di Anestesia e Rianimazione dell'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta, Giancarlo Foresta, commenta l'articolo che diverse testate hanno pubblicato negli ultimi giorni su un paziente del Kentucky che si è risvegliato poco prima dell'espianto degli organi. Articolo che Seguonews ha scelto volutamente di non pubblicare proprio per l'importanza della tematica. L'ospedale Sant'Elia negli ultimi anni sta diventando tra quelli che registrano donazioni in crescita. Un risultato frutto non solo della maggior sensibilità riguardo a questo tema mostrata dai familiari dei pazienti ma anche del lavoro incessante svolto da tutta l'equipe che, al Sant'Elia, si occupa delle donazioni. “Appare opportuno precisare – dice il primario Foresta – che un fatto puramente eccezionale e straordinario (ma bisogna vedere che criteri adottano negli Stati Uniti, certamente diversi dai nostri) non deve portare alla distorsione di quello che succede negli ospedali italiani. Non deve portare neppure a dubitare del lavoro altrui quando è svolto con profonda dedizione, sacrificio e competenza da professionisti che credono in quello che fanno. In Italia la legislazione è estremamente garantista per il paziente e prevede un accertamento basato sul parere di una commissione e non di un singolo professionista. Tale commissione è costituita da un anestesista (diverso da quello che ha in cura il paziente), da un medico legale e da un neurologo e pertanto ogni componente non può procedere secondo i propri capricci ma seguendo precise disposizioni di legge (art. 2 comma 5 della Legge 29 dicembre 1993 n. 578). La procedura di accertamento della morte cerebrale è eseguita in maniera assolutamente standardizzata e uguale in tutta Italia in assenza di qualsivoglia farmaco sedativo, con l'utilizzo di un esame strumentale (elettroencefalogramma) ed un esame clinico eseguito appunto dai componenti della commissione. La ripetizione ad almeno sei ore di distanza (comma 1 art. 4 e comma 1 art. 3 DM 11 aprile 2008) di tutta la procedura garantisce, solamente a parità di risultati, la certezza della irreversibilità clinica della condizione neurologica del paziente ovverosia della impossibilità che il paziente possa erroneamente essere valutato come morto perché la pur minima attività rilevata clinicamente e strumentalmente fa interrompere immediatamente tutta la procedura. È anche utile ricordare che l'accertamento di morte cerebrale fa parte dei compiti previsti dalla legge per medici curanti, in particolare modo dei rianimatori, e per questi non è assolutamente previsto alcun guadagno ulteriore ma anzi rappresenta un carico di lavoro che viene fatto solamente con la consapevolezza che dalla morte di un paziente altri in fin di vita possono ritornare a fare una vita normale”.
allora era normale togliere gli organi a una persona viva, per me anno fatto bene a scriverlo almeno le persone avranno più accortezza a cm lavorano i dottori e da pazzi se e vero ,fare lo sezionamento di una persona viva poi, nn era una persona presunta viva perché se legge attentamente questa persona e ancora in vita e già sn passati tre anni e lo cura la sorella quindi questo presunto nn lo vedo proprio si dice che il medico aveva fatto una presunta morte che forse è la giusta parola da dire caro dottore il sign a dato una sola vita ed è giusto che si attenzione bene un cadavere da uno che respira ancora voi, ve ne andate coi i riflessi post mortum e qui la lascio