Pubblicato il: 29/10/2013 alle 10:57
Venti mesi dopo la misteriosa morte del fratello Piero, trovato carbonizzato in auto la mattina del 9 gennaio di un anno fa, e il padre Stefano finito sotto inchiesta per l'omicidio del figlio, le domande Eugenio Di Francesco continua a farsele. Sono innumerevoli. Ma pretende soprattutto le risposte l'imprenditore riesino, perché lo va ripetendo da tempo che “senza verità non può esserci giustizia”. Non è un caso semplice questo, che da quasi due anni è al vaglio della Procura e dei carabinieri del Nucleo investigativo. “Nutro massimo rispetto verso il lavoro degli inquirenti e finora l'ho sempre rispettato – premette Eugenio Di Francesco – ma viene rabbia sapere che a distanza di venti mesi non si sa chi e perché ha ucciso mio fratello”.
Di Francesco non vuole fare cenni alla posizione del padre Stefano (difeso dall'avvocato Michele Micalizzi) che s'è ritrovato iscritto nel registro degli indagati per avere ucciso il primogenito. Genitore che, interrogato quest'anno dal pubblico ministero Roberto Condorelli, si avvalse della facoltà di non rispondere. Eppure il figlio Eugenio è ostinato ad andare avanti affinché il colpevole venga individuato. “Oggi è arrivato il tempo di far conoscere questo caso irrisolto al resto d'Italia – aggiunge Di Francesco, spiegando di voler contattare trasmissioni televisive che approfondiscono delitti insoluti come Quarto Grado e Linea Gialla -. Mi chiedo, che direzione deve prendere questa indagine? Noi esigiamo giustizia. Non intendo fermarmi davanti a niente e nessuno. Ho scritto anche una lettera a Papa Francesco al quale ho rievocato la vicenda chiedendo udienza particolare per me, mia madre Lina Di Patti, mia cognata Giusy Marotta e i miei nipoti. Qualcuno deve dare una risposta a Stefano e a Giada sulla morte del loro papà”.
Anche stavolta Eugenio Di Francesco – assistito dall'avvocato Danilo Tipo – lancia un appello a chi può sapere qualcosa, ma tace. “Chi sa o ha visto qualcosa, parli. Si liberi la coscienza da questo peso, non si faccia sopraffare dall'omertà, dalla paura di raccontare la verità. Oggi per sconfiggere la violenza basta alzare la testa, non abbassarla”. Ad oggi, gli unici testimoni sono i due operai che quella mattina accorsero nel cantiere della ditta “Tecnoambiente Srl” -confinante con l'abitazione dei genitori dell'imprenditore – dove stava bruciando una vecchia Mercedes in cui v'era Piero, che era svenuto quando il fuoco l'ha bruciato. Era stata la stessa vittima, poco prima, a comprare la miscela di benzina. “Voglio precisare, ed è un dato che emerge dall'autopsia, che Piero non aveva assunto psicofarmaci come qualcuno disse in paese dopo la sua morte, né si è suicidato. Lui è stato ucciso e non sappiamo perché. Non ha mai dato fastidio a nessuno e ogni giorno ci angosciamo per il male che gli è stato fatto”.