Pubblicato il: 14/04/2016 alle 10:17
Dalla nostra lettrice Lea Romano riceviamo e pubblichiamo una testimonianza sull'assistenza ricevuta all'ospedale “Sant'Elia” di Caltanissetta:
Spett.le Redazione,
le considerazioni che seguono vogliono essere soltanto la testimonianza di chi, avendolo constatato personalmente, desidera raccontare come anche nel nostro tanto (ingiustamente) bistratto Meridione, nella nostra Sicilia dalle mille contraddizioni, vi siano spazi concreti nei quali la professionalità, il rigore scientifico e – soprattutto – una straordinaria dose di umanità, si mescolano riuscendo a far sì che l’assistenza e le cure prestate rappresentino un solido punto di ancoraggio al quale aggrapparsi nelle circostanze più difficili che la vita talvolta propone.
Il mio desiderio è, dunque, non solo di ringraziare chi si è preso cura di me all’ospedale “S. Elia” di Caltanissetta ma, soprattutto, di invitare chi di dovere a riflettere sulla necessità che ovunque in Italia – e, purtroppo, in special modo nella nostra Terra – ci sia bisogno di buona sanità e di strutture all’altezza. Tutti obiettivi che non possono essere raggiunti se invece quotidianamente – come è sotto gli occhi di tutti – medici e personale sanitario in genere si devono misurare con una politica di “comodi” (ma quanto mai penalizzanti) tagli al personale, alle strutture, agli investimenti, alla ricerca, solo perché non si riesce ad incidere (e in alcuni casi non ci vorrebbe certo un bisturi ma un machete…) su sprechi, gestioni inadeguate quando non peggio ancora.
A causa di un incidente stradale verificatosi due mesi fa e che ha avuto per me conseguenze estremamente serie, sono stata costretta ad una lunga degenza all’ospedale “S. Elia”. Ho così avuto modo di verificare personalmente e giornalmente come si tratti di una “macchina” straordinaria: nelle divisioni di rianimazione, chirurgia ed ortopedia – quelle cioè che, negli ultimi due mesi, ho dovuto “frequentare” in maniera più assidua – medici, infermieri e ausiliari rendono al meglio quel concetto di “gioco di squadra” che alla fine fa la differenza e che rappresenta il valore aggiunto dello stesso concetto di cura. Credetemi: non è poco. Specie in tempi nei quali le cronache sono piene di vicende dolorose, drammatiche, che la quotidianità ci ha insegnato ad etichettare -magari non senza qualche grossolana generalizzazione – come episodi di “malasanità”. Ho avuto modo di vedere, specialmente in chirurgia dove si è sviluppata la gran parte della mia degenza, come tutto il personale, anche all’occorrenza andando ben oltre i confini del proprio ruolo e delle proprie strettissime competenze, si prodighi per trovarsi puntualmente al fianco del degente. Uno straordinario impegno personale che, ripeto, mi è sembrato chiaramente andare ben oltre il “dovere” di ufficio onorando al meglio e riempiendolo di contenuti concreti quel giuramento di Ippocrate fatto ad inizio carriera.
A tutti i medici, infermieri e ausiliari mi sento di dire, dal profondo del cuore, grazie per lo scrupolo, il puntiglio e l’umanità che mettono nella loro azione quotidiana.