Pubblicato il: 27/11/2024 alle 10:12
(Adnkronos) – Dopo oltre un anno di assenza, torna nella sua casa fiorentina in Palazzo Pitti un grande capolavoro di Raffaello, la Madonna del Baldacchino. L'imponente tavola è stata infatti 'in trasfert' a Pescia (provincia di Pistoia) dal 7 maggio al 1 ottobre 2023, nella cappella Turini del Duomo, dove era stata accolta per quasi 150 anni prima di rientrare definitivamente a Firenze, per essere collocata nella reggia granducale. Prima e dopo la mostra, la Madonna del Baldacchino è stata ospite dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dove è stata sottoposta ad accurate indagini tecniche ed analisi diagnostiche. Ora è di nuovo protagonista nella Sala di Saturno della Galleria Palatina: la pala si trova qui dal 1828, anno di apertura al pubblico della Palatina stessa. La Madonna del Baldacchino è una delle opere identitarie del museo, insieme ad altri capolavori di Raffaello come la Madonna della Seggiola, la Madonna del Granduca e la Visione di Ezechiele, conservate nello stesso ambiente, che tradizionalmente viene considerato lo scrigno delle opere del genio urbinate: tra gli altri dipinti del Sanzio, custoditi nella stessa sala, vi sono anche i tre splendidi ritratti di Francesco Maria della Rovere, di Fedra Inghirami e del Cardinale Bibbiena. LA MADONNA DEL BALDACCHINO DI RAFFAELLO, CENNI STORICI Questa pala è l'unica, ad oggi nota, fra quelle di grandi dimensioni e di destinazione pubblica appartenenti al periodo fiorentino di Raffaello. Della sua storia si sa molto grazie alla testimonianza di Giorgio Vasari che ricorda come Raffaello avesse ricevuto la commissione del dipinto dalla famiglia Dei, titolare di una cappella nella chiesa di fiorentina di Santo Spirito. Chiamato a Roma nell’autunno del 1508 da papa Giulio II che gli affidò la decorazione dei suo appartamenti in Vaticano (oggi noti universalmente come Stanze di Raffaello), l'Urbinate lasciò incompiuta la pala per i Dei che dunque non raggiunse mai la chiesa e fu rimpiazzata nel 1522 dalla Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, anch'essa oggi esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Dopo la morte di Raffaello (o forse anche prima), la Madonna del Baldacchino fu acquistata da Baldassarre Turini, potente segretario di Leone X e datario apostolico, grande amico di Raffaello di cui fu pure esecutore testamentario, rampollo di una delle famiglie più in vista di Pescia, che la destinò alla cappella della sua famiglia nella Cattedrale della sua città natale. Qui rimase fino al 1697, anno nel quale fu comprata dal Gran Principe Ferdinando de' Medici, figlio del granduca Cosimo III ed erede al trono granducale. La vendita scatenò violente reazioni da parte dei pesciatini, profondamente legati al culto della Vergine e al quadro di Raffaello, tanto che fu necessario spostarla di notte per poterla trasportare a Firenze, sostituendola con una copia eseguita dal fiorentino Pier Dandini. Giunta a Palazzo Pitti, la pala fu appesa nell’appartamento di Ferdinando, nell’ala meridionale del primo piano. Per adattarla al contesto della collezione principesca e alla cornice lignea intagliata e dorata che ancora possiede, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana; si spiegano così il coronamento del baldacchino a forma di cono e la calotta a lacunari che ricalca quella del Pantheon a Roma. L'invenzione di Raffaello è una delle sue più memorabili per l'armonia delle figure, la delicatezza delle espressioni e la capacità di costruzione dello spazio, arioso e monumentale ma al tempo stesso misuratissimo, elementi che provano quanto Raffaello padroneggiasse con autonomia i modelli appresi a Firenze da Fra Bartolomeo, Leonardo e Michelangelo. Il restauro compiuto presso i laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991, e le recenti indagini compiute dallo stesso istituto in occasione della iniziativa di Uffizi Diffusi hanno stabilito che la pittura ha gradi diversi di avanzamento nell’esecuzione, ma in nessun punto è del tutto completa, confermando così l’antica testimonianza vasariana. —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)