“Un processo che dimostra la capacità della mafia siciliana di operare a Roma”. E’ finito con la condanna del boss gelese Salvatore Rinzivillo a 15 anni e 10 mesi, il riconoscimento della penale responsabilità di altri, ed una decina di rinvii a giudizio il procedimento nei confronti di presunti appartenenti al clan mafioso. E’ la vicenda che riguarda le tentate estorsioni e intimidazioni contro il titolare del ‘Cafè Veneto’, in via Veneto.
Il pm Francesco Minisci che ha chiesto ed ottenuto l’arresto di Rinzivillo, da anni in città, nell’ottobre 2017 ha firmato una diffusa inchiesta su intestazione fittizia di società nella Capitale, tutto per eludere la normativa antimafia in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con il codimento di traffici di droga sull’asse Germania-Italia destinati a rifornire il mercato all’ombra del Colosseo.
Il ‘Cafè Veneto’ e la società titolare del centro Agroalimentare di Guidonia sono i poli di una questione densa di aggravanti, metodi e agevolazioni fuori norma, con estorsioni e minacce. La pena più alta (15 anni e 10 mesi di reclusione) è andata al boss Rinzivillo. Tra i condannati anche Paolo Rosa (7 anni e 6 mesi), Giovanni Ventura (3 anni e 8 mesi), Angelo Golino (6 anni e 8 mesi), Rosario Cattuto (4 anni e 2 mesi) accusati, a vario titolo, di aver compiuto intimidazioni per conto del sodalizio.
Quattro anni e mezzo di reclusione è la pena decisa per Cristiano Petrone, il carabiniere che, assieme a un collega, sarebbe stato impiegato dal boss per l’acquisizione illecita di notizie su Berti attraverso l’accesso abusivo alle banche dati in uso alle forze di Polizia. Assolto Francesco Maiorano, per il quale erano stati chiesti 4 anni di carcere. Per gli altri imputati che hanno scelto il rito ordinario, il giudice ha disposto il rinvio a giudizio, fissando l’inizio del processo al 18 giugno prossimo.(askanews)