Pubblicato il: 19/07/2019 alle 12:46
Con particolare riferimento al territorio gravitante intorno alla città di Gela, ed alla coesistenza sullo stesso di diverse organizzazioni mafiose, è necessario sottolineare la particolarità della criminalità locale, espressione del difficile contesto socio-economico, evidente anche nel carattere e nella confusa morfologia urbanistica della città. Nel comprensorio gelese, infatti, è più evidente l’impiego da parte delle consorterie di giovani e giovanissimi, o l’emergere criminale di soggetti stranieri, tutti attratti dal facile guadagno e impiegati come manovalanza per rapine, spaccio di stupefacenti e danneggiamenti, anche mediante incendio. Un aspetto, quest’ultimo, sintomatico del carattere violento della criminalità gelese – anche comune – e di un comprensorio ove convivono, secondo accordi di reciproco vantaggio, diverse organizzazioni di tipo mafioso. Per quanto riguarda il territorio nisseno, le dinamiche criminali che interessano la provincia sono caratterizzate dal sempre minor numero di omicidi, circostanza che parrebbe confermare la tendenza della consorterie ad evitare, per quanto possibile, il ricorso ad episodi di violenza sulle persone, che susciterebbero clamore e riprovazione sociale. Più di frequente si verificano invece, nei confronti di politici e figure istituzionali, intimidazioni che avrebbero lo scopo di far percepire a tali soggetti la pressione mafiosa e la volontà di piegare ai propri interessi sia la pubblica amministrazione che il tessuto socio – economico. Sotto quest’ultimo aspetto, anche nella provincia nissena le consorterie tentano di infiltrarsi nel tessuto commerciale e produttivo approfittando di momentanei bisogni di liquidità degli imprenditori, per poi “soffocarli” con interessi spropositati o imponendogli il “pizzo”. La condizione di assoggettamento delle vittime di usura è tale che di rado le stesse riescono a denunciare, riuscendo a superare il terrore provocato dai loro aguzzini. Per quanto riguarda le estorsioni si sono, invece, registrati alcuni significativi casi di denuncia da parte di imprenditori, nei confronti dei quali la minaccia si manifestava non solo mediante la sistematica richiesta di denaro, ma anche con l’imposizione di forniture di beni e materiali o con l’assunzione di affiliati. Si riportano, in particolare, per il semestre in trattazione, alcuni episodi di reazione, tra i quali quello di un imprenditore al quale era stata chiesta una somma di denaro per la restituzione di macchine operatrici asportate da un cantiere. C’è poi il caso di un esercente che ha portato al fermo di un soggetto che aveva tentato di imporre materie prime ad una pasticceria e poi ne aveva danneggiato la saracinesca, cui si aggiunge l’arresto di un estorsore denunciato da un imprenditore agricolo, cui era stato richiesto il “pizzo” da versare alla famiglia di Riesi. Quest’ultimo episodio ha portato, nel dicembre 2018, all’arresto di altri esponenti del sodalizio, tutti ritenuti responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.