Pubblicato il: 01/12/2015 alle 10:29
Rubrica a cura della veterinaria Silvia Cortese
Le tartarughe marine nuotano nei nostri mari da oltre duecento milioni di anni. Tutte le specie sono da considerarsi in estinzione, a causa dell’inquinamento delle acque (pesticidi, prodotti petroliferi, ecc), della riduzione dei possibili habitat di nidificazione e dei numerosi incidenti dovuti ai vari sistemi di pesca. Per questi motivi sono protette da vari trattati e accordi internazionali, nonché da leggi nazionali. Sette sono le specie esistenti, ma di queste solo tre sono presenti nel mar Mediterraneo. Una è considerata rarissima perché vive nelle profondità del mare e si nutre di sole meduse: la tartaruga liuto DERMOCHIELYS CORIACEA. La seconda specie è anche detta tartaruga verde (per il colore del suo carapace) CHELONIA MYDAS, si nutre solo di vegetali. Infine vi è la CARETTA CARETTA la più diffusa del mar Mediterraneo.
Quest’ultima è una tartaruga marina a sangue freddo. I suoi esemplari sono diffusi nei mari e negli oceani temperati e tropicali di tutto il mondo, compreso il Mar Mediterraneo. Si ritrova anche nelle barriere coralline, nelle lagune salmastre ed anche nelle foci dei fiumi. Per fuggire alle acque fredde invernali può compiere vere e proprie migrazioni, spostandosi verso le zone tropicali e sfruttando le correnti oceaniche. Temperature al di sotto dei 10°C sono letargiche e portano l’animale in uno stato di “catalessi” o alla morte.
Sono dei rettili dotati di polmoni e necessitano, quindi, di andare in superficie per respirare, nonostante riescano a mantenere una lunga apnea (5-20 minuti). Le dimensioni di un esemplare adulto raggiungono circa 80-140 cm di lunghezza, il loro peso può variare tra 100 e 160 kg. La testa è molto grande con potenti mascelle. Le tartarughe C. caretta non possiedono denti ma sporgenze taglienti sul becco che sono usate per triturare il cibo. In prossimità degli occhi sono presenti delle ghiandole che servono per eliminare il sale dall'acqua marina e poterla bere.
Hanno una vita media che va dai 30 ai 60 anni. La forma allungata del corpo e le zampe appiattite (come se fossero delle pinne) favoriscono la vita in mare. Il carapace (parte dorsale del guscio) è di un colore rossastro, mentre il piastrone (la corrispettiva parte ventrale del guscio) è più chiara, normalmente giallastra. Il raggiungimento della maturità sessuale avviene a circa 16 anni, e da questo momento si potranno distinguere i maschi per lo sviluppo della loro lunga coda. Possono raggiungere velocità superiori ai 35 km/h nuotando facilmente grazie ai movimenti sincroni degli arti anteriori. Sono prevalentemente carnivore anche se possono mangiare alghe e piante acquatiche, il che le rende praticamente onnivore. Si cibano di molluschi, crostacei, pesci, meduse e spesso, all’interno del loro stomaco, si riscontrano anche molti materiali non commestibili (sacchetti di plastica scambiati per meduse o reti e fili scambiati per alghe).
La riproduzione, la nidificazione e soprattutto la schiusa delle uova sono dei momenti fondamentali ed affascinanti per la sopravvivenza di questa specie. Oltre alle spiagge Italiane sono state segnalate delle zone di ovo deposizione anche in Turchia, Grecia, Libia, Siria, Egitto, Cipro, Tunisia e Israele. In Italia i siti maggiori di nidificazione sono il tratto di costa tra Condofuri Marina e Africo (in provincia di Reggio Calabria) e tre siti in Sicilia: la spiaggia dell'Isola dei Conigli di Lampedusa; la spiaggia della Pozzolana di Ponente di Linosa; l’Oasi faunistica di Vendicari a Noto.
Il periodo di riproduzione è tra giugno e agosto. In questi mesi maschi e femmine si incontrano nelle spiagge dove molto probabilmente le femmine sono nate. Infatti, nonostante le migrazioni di migliaia di chilometri che percorrono in tutta la vita, le tartarughe hanno la capacità di orientarsi e ritrovare il luogo di nascita immagazzinando le coordinate geomagnetiche e le caratteristiche ambientali del loro sito di nidificazione. Gli accoppiamenti avvengono in acqua e possono durare anche diversi giorni, durante i quali le femmine si accoppiano con diversi maschi, collezionando il seme per le successive nidiate della stagione.
La femmina aspetta nelle acque calde e poco profonde il momento più adatto per deporre le uova e anche in questa attesa vengono spesso disturbate da luci, rumori o dalla presenza di persone. Dopo una faticosa risalita della sabbia, trovano il posto migliore per deporre le loro uova. Gli arti posteriori vengono utilizzati per scavare delle buche profonde circa mezzo metro, che potranno “custodire” fino a circa 200 uova (grandi come palline da ping pong). Per garantire una temperatura d'incubazione costante e adeguata le ricoprono con cura, nascondendo in questo modo la loro presenza ai predatori. Questo rito può essere ripetuto più volte nella stessa stagione (ad intervalli di 10-20 giorni) e una volta completata l'operazione, le femmine fanno ritorno al mare.
I piccoli di tartaruga riescono ad aprire i loro gusci dopo circa 50-60 giorni di incubazione. Alla nascita hanno la dimensione del palmo di una mano. Usciti dal guscio devono scavare la sabbia che li sormonta per raggiungere la superficie ed iniziare il lungo e pericoloso tragitto che li separa dal mare. Durante il percorso, infatti, molti perderanno la vita a causa dei loro predatori (cani, granchi e gabbiani). Generalmente le uova si schiudono di notte, e non è ancora certo il modo in cui riescano ad orientarsi verso il mare (gli studiosi sostengono che le tartarughe appena nate ricercano “istintivamente” la fonte più luminosa alla loro vista e lì si dirigano). Molti piccoli verranno disorientati e attratti lontano dal mare a causa delle luci che provengono da alberghi, abitazioni o strade a ridosso della costa. Dirigendosi verso queste fonti luminose “artificiali” non riusciranno ad arrivare in acqua a causa della disidratazione o perché schiacciati dalle auto che percorrono le strade vicine. Un numero esiguo raggiungerà l’acqua e dovrà nuotare ininterrottamente per 24 ore, allontanandosi dalla costa il più possibile per raggiungere i fondali marini con più nutrienti. Nei primi anni di vita i predatori marini dimezzano notevolmente il numero dei “piccoli sopravvissuti”, i quali muoiono, anche per incidenti con grosse imbarcazioni. Dopo qualche anno di vita l’indurimento della corazza e il raggiungimento delle dimensioni superiori rispetto a quelle dei loro predatori le renderanno inattaccabili. Solo a partire da questo momento potranno far ritorno alle zone costiere per riprodursi a loro volta.
La tartaruga Caretta caretta è fondamentale nel mantenimento dell’ecosistema terrestre e marino. Se la morte dei piccoli di tartaruga e delle uova fosse soltanto legata alle specie “predatrici”, questo rientrerebbe comunque nel meccanismo di autoregolazione tra gli elementi di un sistema. Inoltre la C. caretta si nutre di numerosi invertebrati i cui gusci vengono spezzati dalle sue potenti mascelle che diventano poi nutrimento di altri animali come ricca fonte di calcio. Infine il suo carapace rappresenta una tana per varie e numerosissime specie che potranno rifugiarvisi per molti anni grazie alla sua longevità.
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