Pubblicato il: 06/10/2013 alle 10:34
I familiari delle vittime degli ultimi naufragi avvenuti sulle coste siciliane lanciano un appello al governo italiano affinché i loro cari siano riportati in Eritrea e non vengano seppelliti in Italia. Lo fanno attraverso Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile dell'agenzia Habeshia, che da diversi anni rappresenta un punto di riferimento sicuro per rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d'Africa e diretti in Italia. Èa lui infatti che i profughi si rivolgono, chiamandolo al suo cellulare con i telefoni satellitari, quando lanciano disperate richieste di aiuto dai barconi che rischiano di affondare nel Canale di Sicilia.
Ma l'ultima strage del mare Don Mosè non è riuscito a evitarla, anche perché agli oltre 500 eritrei che erano su quella “carretta” naufragata davanti all'isola dei Conigli, erano stati sequestrati tutti i telefoni prima della partenza dalla Libia. “In questi giorni – racconta il religioso – sono stato tempestato dalle telefonate di familiari e amici delle vittime delle ultime tragedia avvenute nel Canale di Sicilia, che sono stati avvisati dai superstiti della tragica fine dei loro cari: prima le 13 persone morte nel ragusano, poi le centinaia di vittime davanti alle coste di Lampedusa”.
Il sacerdote eritreo sottolinea che le famiglie che lo hanno contattato “chiedono la restituzione delle salme per dare degna sepoltura ai congiunti nella loro terra, e fanno appello al governo italiano per un gesto di pietà verso tutti questi giovani morti dando anche la possibilità alle loro famiglie di riavere il corpo dei loro cari per poterli salutare e piangere sulla loro tomba”. Don Mosè si unisce a questa richiesta sollecitando “il governo italiano e tutti gli enti preposti a organizzare un unico viaggio di tutte le salme dei cittadini Eritrei con un volo umanitario per restituire le salme alle loro famiglie e restituire dignità a queste persone che hanno preso la loro vita in condizioni disumane”.
Il responsabile dell'agenzia Habeshia indica anche le possibili modalità di questa iniziativa umanitaria: “Abbiamo già ricevuto centinaia di nomi e foto di possibili vittime di questa tragedia per il riconoscimento, chiediamo la collaborazione di tutti per facilitare tutto ciò. Ringraziamo fin d'ora per tutto quello che è stato fatto e si sta facendo per dare una degna sepoltura alle vittime di questa immane tragedia”. Le bare contenenti i corpi delle 111 vittime del naufragio di giovedì scorso recuperate fino a ora si trovano ancora nell'hangar dell'aeroporto di Lampedusa, dove sono state ultimate le operazioni per consentirne l'identificazione attraverso le foto e il prelievo del Dna. Dopo il nulla osta da parte della Procura di Agrigento, che coordina le indagini sulla tragedia, saranno trasferite a Porto Empedocle con il traghetto di linea. Secondo un piano messo a punto dalla prefettura, nei prossimi giorni dovrebbero essere tumulate nei cimiteri dei comuni dell'agrigentino i cui sindaci hanno offerto la loro disponibilità. Adesso l'appello dei familiari delle vittime potrebbe rimettere tutto in discussione.