Pubblicato il: 06/10/2013 alle 14:12
Domenica mattina, dopo la ripresa delle ricerche nel mare, altri 32 corpi di vittime del naufragio di Lampedusa sono stati recuperati dai sommozzatori nel relitto del peschereccio affondato al largo dell’isola. Sedici cadaveri sono stati portati a terra in mattinata e altri 16 in pomeriggio. Il bilancio ufficiale e provvisorio della strage sale così a 143 morti. Si tratta di 15 uomini e una donna. Ad accogliere i corpi sul molo Favarolo è il ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, arrivata sull’isola stamattina. Il ministro per l’Integrazione si dice favorevole a cambiare la legge Bossi-Fini. Lo ha detto dopo avere incontrato i 155 superstiti del naufragio. “Nei prossimi giorni ci sarà un coordinamento interministeriale”, ha detto la Kyenge. “Bisogna cambiare l’approccio”, ha detto il ministro, ribadendo che non deve essere più “repressivo”. Sabato i 155 sopravvissuti del naufragio di Lampedusa hanno pianto i morti rinchiusi nelle 111 barre tutte uguali, ad eccezione di 4 bianche per i bambini, allineate nell’hangar dell’aeroporto. Anche Papa Francesco ha pregato in silenzio per le vittime durante l’Angelus. Prima della preghiera il Pontefice ha detto: “Vorrei ricordare assieme a voi le persone che hanno perso la vita a Lampedusa giovedì scorso: preghiamo tutti in silenzio per questi fratelli e sorelle nostri, donne, uomini, bambini. Lasciamo piangere il nostro cuore, preghiamo in silenzio”.
Tanti corpi dei profughi rimangono ancora intrappolati dentro il relitto del barcone che, a detta dei superstiti, portava a bordo 518 persone. Quelli che mancano all’appello sono 252, portando così le vittime della tragedia a 363 persone. Il miglioramento delle condizioni meteorologiche, riferiscono fonti delle Capitanerie di Porto, ha consentito ai sommozzatori della Guardia Costiera, Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco e ai palombari della Marina militare di riprendere le attività di ricerche subacquee. Le operazioni di ricerca di superficie con le motovedette e di ricerca aerea con velivoli ed elicotteri di Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Aeronautica militare, non si sono invece mai arrestate fin dal giorno del naufragio.
Intanto i familiari delle vittime degli ultimi naufragi avvenuti sulle coste siciliane lanciano un appello al governo italiano affinché i loro cari siano riportati in Eritrea e non vengano seppelliti in Italia. Lo fanno attraverso Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia, che da diversi anni rappresenta un punto di riferimento per rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d’Africa e diretti in Italia. Nell’hangar dell’aeroporto di Lampedusa sono state ultimate le operazioni per consentirne l’identificazione attraverso le foto e il prelievo del Dna. Diciassette superstiti, su 155, due giorni fa hanno detto di aver perso qualche familiare che si trovava a bordo del barcone colato a picco a poche centinaia di metri dalla costa. La polizia mostrerà a queste persone, che si trovano nel centro di accoglienza dell’isola, le fotografie delle vittime scattate prima che i cadaveri fossero chiusi nelle bare.
Dopo il nulla osta da parte della Procura di Agrigento, che coordina le indagini sulla tragedia, le barre saranno trasferite a Porto Empedocle con il traghetto di linea. Secondo un piano messo a punto dalla prefettura, nei prossimi giorni dovrebbero essere tumulate nei cimiteri dei comuni dell’agrigentino i cui sindaci hanno offerto la loro disponibilità. Adesso l’appello dei familiari delle vittime potrebbe rimettere tutto in discussione. Il sacerdote eritreo si unisce a questa richiesta sollecitando “il governo italiano e tutti gli enti preposti a organizzare un unico viaggio di tutte le salme dei cittadini Eritrei con un volo umanitario per restituire le salme alle loro famiglie e restituire dignità a queste persone che hanno preso la loro vita in condizioni disumane”. Il responsabile dell’agenzia Habeshia indica anche le possibili modalità di questa iniziativa umanitaria: “Abbiamo già ricevuto centinaia di nomi e foto di possibili vittime di questa tragedia per il riconoscimento, chiediamo la collaborazione di tutti per facilitare tutto ciò”.
Mercoledì mattina il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso con il ministro dell’Interno Angelino Alfano sarà a Lampedusa. Lo ha annunciato il premier Enrico Letta a “L’Intervista” su Sky. ”Il problema nasce dal fatto che sono saltate le entità statuali sull’altra sponda del Mediterraneo. Oggi il nostro problema è la Libia: abbiamo intenzione di andare lì direttamente”, ha detto il presidente del Consiglio. “Dobbiamo aiutare i comuni e cambiare i centri di assistenza”, così Letta sulla strategia dell’esecutivo sul fronte dei migranti. Nei prossimi giorni il Consiglio dei ministri avrà come oggetto il problema dei bambini immigrati non accompagnati”, ha spiegato il premier.
Il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, arrivata a Lampedusa, ha incontrato nel centro di accoglienza i sopravvissuti al naufragio. ”Il nostro lavoro ci deve dare la forza di salvare la vita ad ogni persona, perché ogni vita che perdiamo significa perdere un contributo enorme”, ha detto Kyenge arrivando al centro di permanenza temporanea di Lampedusa. “Servono risposte certe – ha aggiunto – per le persone che fuggono e hanno bisogno di una protezione e arrivano qui e chiedono aiuto. Noi dobbiamo essere in grado di farlo”. Il ministro poi ha lanciato un appello: “Questa è l’ennesima strage a cui assistiamo, spero non succeda mai più. Spero che sia una delle ultime volte che veniamo qui a Lampedusa per assistere a questo dramma”. La Keynge è tornata a parlare delle responsabilità che si deve assumere anche l’Europa: “Spero che questa strage ci possa far riflettere sulla nostra posizione, sulle nostre frontiere, il nostro mare e soprattutto chiedere che questo dramma non deve essere affrontato da soli ma insieme all’Europa”.
Dopo la polemica sulla decisione del sindaco leghista di Gemonio, Fabio Felli, di togliere il tricolore nel giorno del lutto nazionale per la tragedia di Lampedusa, quest’ultimo rimette la bandiera del municipio, esponendola a mezz’asta. Felli lo spiega così su Facebook: “La mia era una provocazione contro la politica, non contro le persone che sono morte”. Il primo cittadino del paese dove vive Umberto Bossi ha anche chiesto agli abitanti di rendere omaggio ai morti di Lampedusa: “Vorrei che tutti i componenti della nostra comunità per una settimana, passando davanti a queste bandiere, ricordassero la morte di centinaia di innocenti dovuta anche alla colpevole superficialità della nostra classe politica”.
Un’altra polemica invece è nata sui soccorsi. “Basta con questa inutile e ingiusta polemica”, ha esortato il sindaco dell’isola Giusi Nicolini. “I pescatori della marineria di Lampedusa non lasciano morire i migranti in mare. Non lo hanno mai fatto e non lo faranno mai”, ha detto il primo cittadino di Lampedusa, aggiungendo: “Stiamo parlando di persone che per la disponibilità, lo sforzo e l’umanità dimostrati in questi anni nell’aiutare i migranti a mettersi in salvo e raggiungere le coste delle nostre isole, vanno solo ringraziati”