Pubblicato il: 14/02/2016 alle 15:56
Fra trent'anni i robot ci avranno trasformato in un esercito di disoccupati a caccia di hobby, o saranno i nostri migliori ‘colleghi' di lavoro, pronti a sbrigare i compiti più ripetitivi e pesanti lasciandoci liberi di esprimere la nostra creatività? Sono questi gli interrogativi e i diversi scenari che dividono gli esperti che però concordano tutti su un punto: quella dell'automazione sarà una sfida cruciale a cui bisognerà prepararsi per tempo, magari reinventando il concetto di lavoro.
Ad accendere nuovamente la scintilla del dibattito è Moshe Vardi, esperto di informatica della Rice University di Houston, in Texas. Al convegno della Società americana per l'avanzamento delle scienze in corso a Washington ha tracciato uno scenario quasi apocalittico: entro il 2045 i robot potranno sostituire l'uomo nella maggior parte delle attività lavorative, portando la disoccupazione sopra la soglia del 50%.
Come reagirà l'economia globale? Come ci reinventeremo l'uso del tempo libero? La questione è di scottante attualità, tanto da essere finita al centro dell'ultimo World Economic Forum di Davos, che nel suo ultimo rapporto ha affrontato il tema della cosiddetta ‘Quarta rivoluzione industriale' prevedendo la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi 4 anni per colpa dell'automazione.
”La tecnologia che stiamo sviluppando porterà davvero benefici al genere umano?”, domanda Vardi snocciolando i dati sugli ultimi progressi nel campo dell'intelligenza artificiale. ”La risposta tipica è che se le macchine faranno il nostro lavoro, allora avremo più tempo libero per fare ciò che ci piace, ma non penso che sia una prospettiva allettante. Credo che il lavoro sia essenziale per il benessere dell'uomo”.
Di tutt'altro avviso è Filippo Cavallo, esperto di robotica sociale della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, che invece vede nei robot un'opportunità di cooperazione e non una minaccia per l'occupazione.
”Nei prossimi 30 anni le macchine non saranno in grado di sostituire completamente l'attività dell'uomo, anzi: grazie a loro nasceranno nuove figure professionali, perché servirà personale qualificato per produrle, programmarle e fare manutenzione”. I robot diventeranno probabilmente dei ‘colleghi' e ”lavoreranno al nostro fianco per sollevarci dai compiti più ripetitivi e pesanti, permettendoci di rendere più ‘umano' il nostro lavoro”, aggiunge Cavallo.
”Possiamo immaginare che in un futuro più lontano i robot potranno mettere a rischio i lavori più ripetitivi e manuali, dove il contributo umano non è così determinante”. Una prima dimostrazione è arrivata poche settimane fa da Singapore, dove il robot Nadine ha preso servizio come receptionist alla Nanyang Technological University.
”Questo non significa necessariamente che ci sarà più disoccupazione – conclude Cavallo -. E' un po' come l'avvento del bancomat, che ci ha tolto la fila allo sportello ma ha permesso agli impiegati della banca di svolgere altre funzioni. Come loro anche noi, in futuro, dovremo reinventarci il lavoro”.