Pubblicato il: 06/01/2018 alle 18:25
In questi primi giorni del 2018, nell’Isola, mi è tornata in mente una citazione attribuita al Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alle prossime generazioni.”
In Sicilia abbiamo una situazione particolare. Un amministratore e un politico particolare: Vittorio Sgarbi, assessore pro tempore dei Beni culturali e dell’identità siciliana. Secondo gli annunci e i programmi dello stesso Sgarbi, egli sarà assessore in Sicilia soltanto per pochissimi mesi. Questo perché egli intende candidarsi alle elezioni politiche che avranno luogo il 4 marzo di quest’anno, in rappresentanza del proprio movimento politico ("Rinascimento – Vittorio Sgarbi”), contando di diventare ministro dei Beni culturali italiani.
Sgarbi è dunque, al momento, un assessore regionale che ha a disposizione appena tre mesi di attività politico-amministrativa. Poi andrà via. Questa peculiare e controversa condizione lo costringe – inesorabilmente – ad un atteggiamento schizofrenico e superficiale. Lo costringe ad occuparsi dei beni culturali siciliani attraverso impulsi veloci, estemporanei. Attraverso proposte, progetti tanto suggestivi quanto velleitari. Se non impropri, sbagliati. Ad esempio l’ipotesi di ricostruzione del tempio G di Selinunte o l’approvazione – concordemente con la Soprintendenza di Siracusa – della privatizzazione a fini turistico-alberghieri dell’isola di Portopalo di Capo Passero. Oppure il trasferimento della cosiddetta “Venere di Morgantina” a Roma.
Di certo la Sicilia ha bisogno di altro. Ha bisogno, ad esempio, di una tutela attenta e di una adeguata gestione-valorizzazione dei suoi straordinari parchi archeologici. Ha bisogno di una ridefinizione e del potenziamento delle Soprintendenze. Ha bisogno di finanziamenti adeguati per i luoghi, gli spazi della cultura – magari attraverso una più efficace strategia di reperimento e impiego dei fondi europei. Ha bisogno di dare ruolo, lavoro alle giovani generazioni di ricercatori, di archeologi, di storici dell’arte, di architetti, di artisti, di restauratori. Ha bisogno di completare, rendere attiva, efficace la pianificazione paesaggistica. Ha bisogno di svecchiare una burocrazia opaca e inefficiente, troppo spesso priva di qualsiasi senso del dovere civile e pubblico. Ma ha bisogno, anche, di infrastrutture moderne. Ha bisogno di una cultura della programmazione. Ha bisogno di una visione strategica, di un piano strategico. Ha bisogno di immaginare, sviluppare e applicare nuovi modelli di intervento nei territori, nelle città.
Insomma, l’assessore regionale pro tempore dei Beni culturali siciliani, Vittorio Sgarbi, ci appare inevitabilmente come un amministratore, un politico che guarda soprattutto alle prossime elezioni nazionali. E comunque, lo sguardo “strabico” di Sgarbi sui beni culturali siciliani ci preoccupa. E persino ci offende.