Pubblicato il: 19/01/2024 alle 10:24
Allerta per i nuovi nemici del cuore 3.0, che si sommano a quelli tradizionali. Un'ampia review appena pubblicata su European Heart Journal coordinata da ricercatori di Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs-Università Cattolica (primo nome Rocco A. Montone), in collaborazione con esperti americani, prende in esame i fattori di rischio cardiovascolare del terzo millennio. A farla da padrone è l'inquinamento atmosferico, alla base anche dei cambiamenti climatici. Da non sottovalutare sono inoltre inquinamento luminoso e sonoro, salute mentale, isolamento sociale e malattie infettive.
I nemici del cuore e delle coronarie sono dunque tanti e vanno ben al di là di quelli tradizionali, i cosiddetti fattori di rischio modificabili (colesterolo, diabete, ipertensione, fumo). Almeno il 15% degli infartuati non presenta infatti alcun fattore di rischio noto. È dunque necessario allargare la visuale e far luce sui nuovi pericoli dai quali proteggersi.
“Sebbene negli anni i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali siano diventati sempre più efficaci e abbiano contribuito non poco a ridurre incidenza e conseguenze della cardiopatia ischemica – sottolinea Montone, cardiologo presso la Cardiologia Intensiva del Gemelli – questa resta la principale causa di morte nel mondo. Per questo l'attenzione si sta allargando dai fattori di rischio tradizionali a tutto ciò che ci circonda. Questi fattori di rischio interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità”.
L'inquinamento atmosferico (soprattutto da PM2.5 o particolato fine) da solo può ridurre l'aspettativa di vita di 2,9 anni (il fumo di tabacco la riduce di 2,2 anni). Lo studio Global Burden of Disease ha stimato che nel 2019 fossero direttamente riconducibili all'inquinamento nel mondo 7 milioni di decessi, causati soprattutto da malattie cardiovascolari. L'esposizione all'aria inquinata ad esempio, spiega Montone, ‘ossida' il colesterolo cattivo (Ldl) rendendolo più pericoloso e altera la funzionalità del colesterolo ‘buono' (Hdl). Altri problemi vengono dall'inquinamento acustico, luminoso e dallo stress sociale, che alterando gli ormoni dello stress e i ritmi circadiani (con la deprivazione o frammentazione del sonno) possono peggiorare lo stress ossidativo e la risposta infiammatoria, portando ad una maggior aggregabilità delle piastrine e promuovendo così la comparsa di cardiopatia ischemica. Anche i cambiamenti climatici, che sono strettamente correlati all'inquinamento, hanno un impatto importante sulla salute del cuore. “Le ondate di caldo – ricorda – sono sempre più frequenti; una prolungata esposizione al caldo è stata di recente correlata ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare”.
Ed ancora: molte infezioni respiratorie come l'influenza e il Covid-19, ma anche le parodontiti e le infezioni da Helicobacter pylori e Chlamydia sono correlate ad un aumentato rischio cardiovascolare; aumentano l'infiammazione sistemica, lo stress ossidativo, l'attivazione piastrinica e possono danneggiare direttamente le cellule del cuore (miociti). Sono dunque necessarie, avvertono i ricercatori, “anche azioni di politica ambientale e di mitigazione più alte”.
Sebbene la consapevolezza sociale del problema sia in aumento e le principali linee guida cardiovascolari stiano ora prendendo in considerazione l'importanza di ridurre l'esposizione a questi nuovi fattori di rischio cardiovascolare, afferma Filippo Crea, direttore del Centro di Eccellenza di Scienze Cardiovascolari Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola, “c'è ancora molta strada da fare per implementare strategie preventive e di gestione. In questo contesto, gli operatori sanitari e le organizzazioni pubbliche in generale dovrebbero essere consapevoli della necessità di affrontare questo cambio di paradigma. Infine, sarà fondamentale promuovere ulteriori ricerche per studiare il modo in cui questi fattori di rischio emergenti, da soli e in combinazione, influiscono sull'integrità del sistema cardiovascolare. Infatti, i fattori di rischio noti (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia e fumo) spigano solo metà delle malattie cardiovascolari”. (ANSA)