Pubblicato il: 22/03/2024 alle 08:23
Un confronto di altissimo spessore quello di ieri pomeriggio, nell'aula magna del Palazzo di Giustizia di Caltanissetta, sul tema della separazione delle carriere. Confronto durante il quale il sostituto procuratore Gaetano Bono ha presentato il suo libro dal titolo “Meglio separate”, un'inedita prospettiva sulla separazione delle carriere che ha offerto degli interessanti spunti di riflessione sui quali si sono soffermati i relatori, avvocati e magistrati. L'incontro è stato organizzato e moderato dall‘avvocato Renata Accardi, direttore della scuola forense di Caltanissetta. Dopo i saluti del procuratore generale Fabio D'Anna, dell'avvocato Giuseppe Dacquì, in rappresentanza del consiglio dell'ordine degli avvocati e dell'avvocato Boris Pastorello, presidente della Fondazione Scuola Forense nissena “G. Alessi”, il dibattito è entrato nel vivo.
Gaetano Bono, attualmente il sostituto procuratore generale più giovane d'Italia, nel libro e nel corso del confronto ha affrontato il tema della separazione delle carriere mostrando punti di forza, criticità e possibili soluzioni. “Non è la prima presentazione ma quella che sento di più – ha detto Bono – visto che questo è il luogo dove svolgo il mio lavoro. Il procuratore generale ha iniziato dicendo che questo tema non lo appassiona, e che non appassiona i magistrati, gli avvocati e i cittadini che hanno disertato il referendum. Se così fosse, sarebbe proprio questo il problema. Perché la separazione delle carriere non è un tema solo per gli addetti ai lavori ma è una tematica che riguarda tutti i cittadini, perché dopo 30 anni di dibattiti in cui le posizioni sembrano sempre le stesse, con la magistratura quasi tutta contraria e l’avvocatura quasi tutta favorevole, obiettivamente sembra che ci siano i presupposti per farla. Non sappiamo se questa maggioranza politica avrà la forza per fare questa riforma delle carriere, però, il problema è che bisogna stare attenti a come sarà fatta, perché il timore è che, se fosse realizzata male, ci andrebbero di mezzo tutti i cittadini, perché la tutela giurisdizionale dei diritti verrebbe compromessa. La figura del pm, per come è configurata nel nostro Paese, è forse una delle migliori al mondo. Rinunciare a un sistema in cui c’è un pm che è il primo organo che valuta l’operato della polizia giudiziaria sarebbe un peccato. In una delle tante dichiarazioni, sulla riforma della separazione delle carriere, del ministro Nordio, uno dei sistemi che ha previsto è quello dell'intervento del pm solo in fase di processo, ma la prospettiva che ha la polizia giudiziaria non è la stessa che ha un magistrato. E’ il magistrato che cerca di evitare anche sacrifici inutili. Ho idea di cosa vogliano dire un sequestro, un arresto. Sono atti che incidono profondamente sulla vita delle persone. E tante volte succede che il pm valuti se quell’atto sia effettivamente utile, e se può essere speso poi per il processo, e questo è compito del magistrato e non della polizia giudiziaria che, con tutta la buona volontà, non ha questo tipo di visione. Ecco perché bisogna stare molto attenti a come verrà fatta la separazione delle carriere. Il libro nasce per questo perché vuole dare un contributo al dibattito. C’è un capitolo che ho intitolato “falsi miti” su frasi che da anni vengono ripetute come mantra ma che in realtà non hanno fondamento”.
“Nel libro – continua Bono – parlo anche di come salvaguardare la cultura della giurisdizione. Uno dei modi che ho indicato è quello di intervenire nel momento formativo, prospettando una formazione comune tra giudici e pm e che magari coinvolga l'avvocatura. Non è una cosa da libro dei sogni ma qualcosa che si basa sulla nostra Costituzione, che riconosce l’importanza del diritto alla difesa e dunque il ruolo degli avvocati nella formazione delle decisioni giudiziali. Noi abbiamo – ha aggiunto – un sistema per cui la formazione della prova va fatta in contraddittorio. L'idea di verità assoluta è da santa inquisizione. Uno dei vantaggi potrebbe essere quella di ottenere dalle due funzioni, requirente e giudicante, una maggiore professionalità che può contribuire ad avere pm e giudici maggiormente specializzati, contribuendo meglio nel contradditorio nella formazione della prova”.
“Se la separazione delle carriere fosse realizzata male – ha continuato il sostituto procuratore generale – si rischia di avere pubblici ministeri assoggettati all’esecutivo. E’ un pericolo reale che può avere effetti gravissimi. E in questo il pubblico dibattito non aiuta a capire bene a comprendere quale sia la posta in gioco. Il pm dovrebbe rimanere un magistrato, alimentandosi di quella cultura della giurisdizione e delle garanzie tale da renderlo un organo al servizio del cittadino e dell’accertamento del fatto. Un pm deve essere libero. Una delle cose che migliorerei è quella norma che dice che soltanto i giudici sono soggetti alla legge”.
A seguire è intervenuto l'avvocato Luigi Miceli, componente della giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane. “La separazione delle carriere – ha detto l'avvocato Miceli – è una questione ordinamentale connessa al modello accusatorio e consequenziale ai principi costituzionali che dovrebbero governare la giustizia. È uno scatto di civiltà che darebbe maggiore credibilità al sistema. È stata inserita nel programma di governo della coalizione che ha vinto le ultime elezioni politiche e, anche per questo, è doveroso che venga finalmente attuata, mediante una legge di rango costituzionale”.
Poi è stata la volta del giudice Giovanbattista Tona che presto, primo nisseno a raggiungere il prestigioso incarico, lascerà Caltanissetta per ricoprire l'incarico di giudice della Corte Suprema di Cassazione. “Si tratta – ha detto Tona riferendosi al libro di Gaetano Bono – di un progetto editoriale molto intelligente perché è il tentativo di introdurre nel dibattito pubblico qualcosa di diverso, che non sia la ripetizione delle tesi a favore e delle tesi contrarie. E’ un libro che si intitola ‘meglio separate', perché l’editore doveva ammiccare al pubblico, ma l’autore in realtà parla soprattutto di carriere ‘separate meglio'. Di questo dibattito non è che alla gente non interessa, semmai la gente non lo comprende. Come si fa a discutere in politica di diritto penale liberale e poi vedere sorgere fattispecie di reato in ogni angolo di legislazione? Una volta la parola riforma apriva la prospettiva a qualcosa di nuovo ora quando sento la parola riforma comincio a sudare. E quando trovo una legge che potrebbe essere migliorata – ironizza Tona – cerco di non farlo sapere a nessuno perché se la riformano il rischio è che fanno di peggio. Questo libro di Bono è un capolavoro di ottimismo. Descrive un mondo che purtroppo non ci sarà. Perché questo legislatore saggio, che tiene conto di tutte queste circostanze, che ha una sua coerenza, una logica, che ha una competenza sotto questo profilo, io non lo vedo. Non mi sembra che ci siano le condizioni oggi, intanto perché il legislatore ascolti questo tipo di istanze. Le prossime riforme saranno fatte come quelle che finora sono venute fuori. C’è un problema di cultura istituzionale che è cambiata”.
E infine è intervenuto il presidente della camera penale Sergio Iacona. “Esprimo grande apprezzamento per il dottore Bono – ha detto Iacona – perché da cultore del dubbio, da amante delle posizioni controcorrente, ammiro tantissimo chi sa esprimere un pensiero diverso rispetto a quello che è il pensiero comune della propria categoria. Le sue considerazioni sono frutto di grande consistenza culturale e autonomia. E’ un libro che, oltre a essere molto ottimistico, vede anche delle cose che nella pratica della mia vita io non ho visto molto. Io non ho una visione molto ottimista della vita e penso che il mestiere di avvocato è quello di coltivare sempre il dubbio perché, se si trincerasse dietro dogmi precostituiti, non farebbe bene il suo lavoro. Nel corso della mia carriera ho maturato un certo scetticismo e non so se la separazione delle carriere può essere la soluzione. Concordo con il dottore Bono sul fatto che effettivamente ormai le carriere, di fatto, sono separate. Il dottore Bono dice, e condivido: il pubblico ministero non deve vincere il processo, deve accertare la verità. Un passaggio che mi piace moltissimo è quello dove il dottore Bono dice che dal pubblico ministero dipende tutta la giustizia. Però lui parla di un pubblico ministero estremamente specializzato e iper competente. Questo a mio modo di vedere nasconde un pericolo. Lui sogna un pm che sia paladino della giustizia e degli indifesi, una sorta di Don Chisciotte. Però non sono la maggioranza. Devo dire che nella mia carriera non ho mai conosciuto pm che si sforzavano di trovare prove a difesa dell’imputato. Per me non è un problema di separazione delle carriere ma un problema di sensibilità culturale”.