Pubblicato il: 18/09/2013 alle 14:07
Può restare al suo posto il procuratore di Palermo Francesco Messineo perché “non ha perso la capacità di esercitare con piena indipendenza e imparzialità le sue funzioni”. Il Consiglio superiore della magistratura ha così archiviato la procedura sul trasferimento d'ufficio per incompatibilità del magistrato, non risparmiandogli però una bacchettata: “Non è riuscito a tenere unita la procura, evitando i contrasti divenuti “laceranti” soprattutto a seguito del procedimento sulla trattativa Stato-mafia”. Un dato di cui si dovrà tenere conto quando Messineo concorrerà per altri incarichi direttivi.
IL VOTO. La delibera approvata oggi a maggioranza (sei voti contrari, provenienti dal gruppo di Area e dal togato indipendente Nello Nappi, mentre si sono astenuti il vicepresidente Michele Vietti e il presidente e il pg di Cassazione, Giorgio Santacroce e Gianfranco Ciani) prevede l'archiviazione della pratica con la contestuale trasmissione degli atti, però, alla quinta commissione, competente sugli incarichi direttivi. L'intera vicenda, dunque, potrebbe avere un peso quando Messineo, terminato l'incarico a Palermo (dovrebbe scadere nel 2014) farà domanda per un nuovo posto direttivo.
PROCURA DIVISA. Dopo sette anni di dirigenza dell'ufficio da parte di Messineo, la situazione nella procura siciliana, si legge nel documento approvato, “non può dirsi certo migliorata e sembra anzi attestare che il dottor Messineo non è pienamente riuscito ad esserne elemento di coesione, a rappresentare quella efficace forza centripeta in grado di contrastare le spinte disgreganti, le differenze preconcette e le contrapposizioni personalistiche, che pregiudicano il rapporto tra il procuratore ed i suoi collaboratori e tra i collaboratori stessi, impedendo talvolta anche la necessaria circolazione delle notizie utili per un più efficace coordinamento delle indagini”.
LA MANCATA CATTURA DI MESSINA DENARO. Palazzo dei Marescialli, ad esempio, ricorda la “mancata cattura” del superlatitante Matteo Messina Denaro: nella preistruttoria condotta dalla prima commissione, in alcune audizioni era emersa una “carenza di coordinamento” che avrebbe avuto come conseguenza proprio la mancata cattura del boss. “Le spiegazioni e la documentazione offerte dal dottor Messineo – si legge nella delibera – inducono a ritenere che non vi fu alcun difetto di coordinamento con i suoi aggiunti, bensì una scelta operativa del procuratore”, decisione che “rientra pienamente nelle prerogative e nei doveri del procuratore capo” e che “può essere criticato e infatti lo fu e lo è ancora, ma più che di patologico difetto di coordinamento – rileva il Csm – sembra corretto parlare di fisiologico difetto di consenso da parte di alcuni dei suoi procuratori aggiunti”.
LA SOGGEZIONE DI INGROIA. In merito poi ad una presunta “soggezione psicologica e professionale” di Messineo nei confronti dell'ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, secondo l'organo di autogoverno della magistratura “è davvero difficile sia affermarla che escluderla, dato che a fronte di talune dichiarazioni in senso assertivo, altre sono molto più sfumate o di segno contrario”. In ogni caso, per il Csm “non sussistono i presupposti per un trasferimento” del magistrato. Nella delibera approvata si ricorda anche l'inchiesta per rilevazione di segreto d'ufficio che aveva riguardato Messineo, archiviata dal gip di Caltanissetta che ha escluso la sussistenza del fatto, nonché la pendenza di procedimenti penali a carico del fratello e del cognato del procuratore capo. “Non risultano elementi – scrive Palazzo dei Marescialli – da cui plausibilmente evincere che egli abbia subito o esercitato una qualsiasi forma di condizionamento in ragione delle indagini giudiziarie a carico dei suoi congiunti”.