Pubblicato il: 12/11/2014 alle 07:04
Uno dei fattori fondamentali nella malattia di Alzheimer riguarda la necessità di migliorare la convivenza dei familiari-caregiver con il loro congiunto affetto da Demenza Senile, spesso fonte di situazioni di stress o rischiose per la salute e la sicurezza del malato. La dottoressa Jenny Vendra ha cercato di offrire ai familiari – o di chi si prende cura dei malati – alcuni consigli utili.
“Principalmente come psicologa e psicoterapeuta nello sportello di consulenza dell’Associazione Comitato Familiari Alzheimer Onlu sito presso il Dipartimento di Riabilitazione sono spesso chiamata ad offrire utili suggerimenti finalizzati ad esigenze di prevenzione e tamponamento di quei rischi connessi alla patologia. Il mio ruolo è dunque informare e consigliare i familiari al fine di favorire la migliore gestione del paziente”. Uno dei fattori preponderanti – continua la psicologa – riguarda la necessità di organizzare al meglio gli ambienti domestici: si tratta di introdurre manovre finalizzate al miglioramento della qualità di vita del paziente nonché alla messa in sicurezza della propria abitazione. Da diversi anni si sta sviluppando il Gentle Care che attualmente offre nel panorama di interventi un metodo diretto alla gestione dell’habitat consueto di vita del malato con molteplice finalità: favorire l’orientamento topografico, il controllo e risoluzione dei disturbi comportamentali, mantenere abilità residue, alleggerire il carico emotivo e ansiogeno dei parenti e dei familiari che ruotano attorno al malato, promuovere il benessere della persona, infine ridurre l’utilizzo di mezzi di contenzione fisica e farmacologica.
Il Modello GENTLECARE ideato dalla dottoressa Moyra Jones alla fine degli anni Novanta, muove dalla considerazione di come una persona affetta da demenza subisca una modificazione nelle sue capacità di interazione con la realtà: tale metodo attualmente è definito approccio protesico. Secondo la d.ssa Jones è necessario costruire metaforicamente attorno al malato una sorta di “protesi” per mantenere il più a lungo possibile l’autonomia del paziente, riducendo al minimo le situazioni di stress, fonte di agitazione, ansia e aggressività per il malato. La protesi è costituita dallo spazio, dalle persone e dalle attività programmate dall’esperto e risulta utile anche per gli anziani pluripatologici e a rischio di non autosufficienza. Così come un paziente perde l'uso di un arto in seguito ad una amputazione e si pensa di intervenire costruendo una protesi che consenta al paziente di riprendere a deambulare, allo stesso modo per un paziente sofferente di demenza che perde progressivamente le diverse abilità cognitive, occorre costruire una protesi che supporti il paziente nella sua relazione con l'ambiente. Si tratta dunque di un modello sistemico che si sviluppa a partire dalla comprensione profonda della malattia e del tipo di disabilità provocata, per poi cogliere e valorizzare le capacità residue del malato: è necessario pertanto valutare l'impatto della malattia sulla persona e condurre un accurato bilancio delle abilità che il paziente ha perduto e di quelle che ha conservato. Gli obiettivi del Gentlecare sono tre e riguardano la relazione dinamica che il malato di Alzheimer ha con lo spazio fisico, le persone e con le modalità con cui reagisce ai programmi riabilitativi definiti: l'intervento protesico è pertanto destinato allo “spazio fisico – programmi – persone”. Per quanto concerne lo spazio questo deve garantire oltre alla sicurezza anche il comfort del paziente, nonché contenere elementi terapeutici che ne facilitino la lettura e la comprensione da parte della persona demente: tanto più l'ambiente in cui il paziente vive ha caratteristiche di familiarità, tanto più il controllo su quell'ambiente sarà agevolato.
“Se l’habitat di vita risulterà consuetudinario – conclude la psicologa Vendra – minori saranno le paure e le ansie che possono derivare dalla sensazione di estraneità generata dal disorientamento nel tempo e nello spazio e dai fenomeni di disconoscimento degli oggetti e delle loro funzioni. La casa deve quindi sempre rappresentare l'elemento ispiratore di ogni modifica ambientale. Anche le tecnologie più sofisticate possono essere utilizzare per rendere l'ambiente sicuro (sistemi di allarme per fughe di gas o incendio o segnali che indicano l’apertura delle porte ecc.), ma devono essere riportate in una dimensione di familiarità e normalità per i pazienti. L’obiettivo di massima è garantire al malato di Alzheimer un certo grado di liberta e piena autonomia di muoversi nella propria abitazione ma in tutta sicurezza”.
Per approfondire: Alzheimer: dall’esperto le rispose ai quesiti più frequenti