Pubblicato il: 14/02/2016 alle 17:21
Moni Ovadia incontra gli studenti del Rapisardi
Momenti di intenso interesse e di emozioni sabato mattina per gli studenti del Rapisardi che hanno ascoltato con inusitata attenzione la lunga e piacevole conversazione di Moni Ovadia sul tema della multiculturalità. All’assessore comunale alla Cultura, Marina Castiglione, il compito di presentare agli intervenuti il neodirettore artistico della stagione teatrale nissena, una scommessa culturale tesa ad allargare gli orizzonti nel panorama delle proposte teatrali del centro Sicilia. Citando Gesualdo Bufalino, l’assessore ha sottolineato come “nulla nasce se non dalla provincia”, rivendicando il ruolo che possono svolgere le realtà territoriali periferiche nella promozione della cultura.
Nell’Aula Magna decorata dall’affresco che ritrae la “Diaspora siciliana”, Ovadia ha intrattenuto per oltre due ore i giovani, raccontando aneddoti della sua vita di uomo e di artista e le sue personali e colte riflessioni sulla necessità di aprirsi all’altro. “La multiculturalità è già inscritta in tutti noi, le persone nascono con una vocazione multiculturale che deriva dal desiderio di conoscere l’altro da sé”. Un grande contributo alla civiltà occidentale hanno dato gli antichi greci, i quali, ricorda Ovadia, “hanno viaggiato molto, diedero e presero dai popoli con cui vennero a contatto, e infine impararono e insegnarono”. Ha sottolineato, dunque, l’importanza del viaggio, inteso come strumento di conoscenza e non svilito come superficiale attività turistica. Il primo fondatore della nostra cultura ad incarnare il tema del viaggio come processo di conoscenza è stato Ulisse, il quale ha conosciuto se stesso attraverso gli altri.
Marina Castiglione, Santa Iacuzzo e Ovadia“Non si è limitato solo a viaggiare ma anche a raccontare il suo viaggio, Omero ha donato all’umanità la figura di Ulisse quale viaggiatore e narratore insieme”. Ovadia ha anche invitato gli studenti a imparare a memoria i versi danteschi del XXVI canto dell’Inferno che riportano le parole di Ulisse, ricordando che quei versi indicano la destinazione etica dell’uomo e la conoscenza di se stesso e degli altri come fine dell’esistenza.
Per conoscere se stessi occorre conoscere anche la propria storia personale, ha pertanto sollecitato gli studenti a coltivare la memoria storica per conoscere chi siamo e da dove proveniamo. Inevitabile il collegamento al tema della migrazione, un cenno ai trenta milioni di italiani che nel giro di un secolo hanno lasciato le proprie terre, soprattutto del nord, per spostarsi in cerca di una vita migliore, spesso verso gli Stati Uniti, nazione che nasce già multiculturale.
Secondo l’eclettico artista, la Sicilia ha oggi enormi potenzialità ed energie e i giovani devono averne consapevolezza. “Oggi il futuro dell’Italia sta nella multiculturalità intesa come strumento per progettare e per stare al mondo. Il ruolo, non solo geografico, della Sicilia al centro del Mediterraneo impone di viaggiare nella cultura e nella mente per trasformare il nostro mondo attraverso scelte di giustizia sociale”. Nella sua lunga e variegata storia, la Sicilia ha conosciuto grandi momenti di tolleranza e di inclusione sociale. Moni Ovadia ha tenuto a ricordare un singolare episodio storico che egli ritiene orgoglio del popolo siciliano. Nel 1492 dopo l’Editto di Espulsione degli ebrei dai territori spagnoli, e quindi anche dalla Sicilia, i siciliani scrissero ben tre suppliche al re Ferdinando per esprimere il proprio dissenso verso quel provvedimento.
Innamorato dei suoni della lingua siciliana, Ovadia ha sollecitato gli studenti a riconoscere il valore del siciliano in quanto portatore di un’antica cultura. Leggendo dal suo smartphone, l’artista ha recitato in dialetto la poesia “Un populu” di Ignazio Buttitta, il poeta bagherese da lui conosciuto e frequentato e dal quale ha molto imparato. Ovadia ha evidenziato che, quando scrisse quella poesia, Buttitta aveva già avvertito il pericolo dell’impoverimento del dialetto, e ammoniva un popolo “Diventa poviru e servu quannu i paroli non figghianu paroli”.
Chiudendo il suo intervento l’eclettico artista ha invitato i giovani della generazione Erasmus a costruire un mondo multiculturale, che non distingua più un “noi” e un “loro”, a “riconoscere l’altro che è in noi e riconoscere noi nell’altro che è in sé”.
Prima di lasciare gli studenti, però, il direttore artistico non poteva non accennare al ruolo del teatro nella società. Nel citare il più grande drammaturgo di tutti i tempi, Moni Ovadia sottolinea come Shakespeare, un genio dal talento straordinario, fosse figlio di un semplice fabbricante di guanti, eppure la sua opera contiene tutte le caratteristiche del teatro moderno. Invita, così, gli studenti a considerare l’importanza del teatro perché il teatro è Libertà, è il luogo dove, citando Gigi Proietti, “… tutto è finto ma niente è falso”.
Grande soddisfazione ha espresso il dirigente scolastico per la riuscita dell’iniziativa che rientra nel progetto dedicato all’inclusione. L’illustre ospite ha lasciato agli studenti alcuni interessanti spunti di riflessione, che Ovadia stesso auspica abbiano la funzione di “tarli” per l’anima e per la mente. In un incontro successivo il direttore artistico incontrerà anche le classi del plesso sito in via Turati.