Addio a Luis Sepúlveda: la sua incredibile voce, sospesa tra l'America latina a cui apparteneva e l'Europa dove si era rifugiato, si è spenta in un ospedale di Oviedo. Covid-19 ha ucciso anche lui, l'ultimo dei combattenti. Aveva 70 anni.
Autore di decine tra romanzi, libri di viaggio, saggi, sceneggiature, noto al grande pubblico per «Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare», «impegnato in molte battaglie, sempre in guerra contro un potere tiranno» (come lo ricorda qui Ranieri Polese), Sepulveda era nato a Ovalle, in Cile, nel 1949 (qui la fotostoria). Aveva lasciato il suo Paese dopo l’incarcerazione subita da parte del regime di Augusto Pinochet. Vinse il Premio Tigre Juan del 1989 con il suo romanzo «Il vecchio che leggeva romanzi d’amore» e il Premio Primavera de Novela nel 2009 con «L’ombra di quel che eravamo».
Scrittore, sceneggiatore e regista del cinema cileno, residente a Gijón nelle Asturie dal 1997, aveva contratto il virus dopo il ritorno dal festival letterario Correntes d’Éscritas, tenutosi a Póvoa de Varzim, in Portogallo. Aveva avuto i primi sintomi il 25 febbraio e si era rivolto per la prima volta a un medico il 27 febbraio, che ne aveva disposto il ricovero nell’unità di sorveglianza intensiva dell’ospedale Covadonga di Gijón per una sospetta polmonite. Dopo che il test ha mostrato la positività al Covid-19, era stato trasferito nell’ospedale maggiore di Oviedo. Anche sua moglie, la poetessa Carmen Yáñez di 66 anni, era stata ricoverata in ospedale perché presentava sintomi sospetti. Yáñez da due settimane era negativa ai test. A metà marzo la moglie aveva smentito che Sepulveda fosse in coma.