Pubblicato il: 19/06/2020 alle 09:27
Noi dello “Sportello dei Diritti” lo ripetiamo da anni e non ci stancheremo mai di ripeterlo: gli autovelox per dare certezza della correttezza delle rilevazioni delle infrazioni al codice della strada non solo devono essere omologati e revisionati, ma anche periodicamente revisionati. E nessun ente accertatore o Prefetto può porsi al di sopra di questi principi che sono stati ribaditi per l’ennesima volta dalla Corte di Cassazione che ha ribaltato i verdetti di merito che avevano visto soccombere due automobilisti in due distinte cause approdate, infine, innanzi alla Suprema Corte con le ordinanze 11776/20 e 11869/20, pubblicate il 18 giugno ha ricordato che, in materia di autovelox, non è sufficiente che il verbale attesti come lo strumento sia stato «debitamente omologato e revisionato»: l’annotazione degli agenti non è coperta da fede privilegiata. Ma di più: è l’ente che effettua la rilevazione a dover dimostrare il «perdurante funzionamento» dell’apparecchiatura nell’accertamento della violazione. Nei casi esaminati dalla sesta sezione civile della Cassazione, è stato accolto il ricorso proposto dagli utenti della strada sanzionati. Nel primo, il ricorrente ricorda che non solo le norme nazionali ma anche quelle internazionali Uni 30012 e Uni 10012 oltre che le raccomandazioni Omil D19 D20 sugli strumenti di rilevamento che prevedono non solo la taratura periodica ma anche l’indicazione della stessa nel verbale. Il punto è che l’attestazione di debita omologazione e revisione contenuta nel verbale non soddisfa le esigenze di affidabilità nella misurazione della velocità indicate dalla Corte costituzionale nella sentenza 113/15, che ha disposto controlli periodici sugli apparecchi per tutelare gli utenti della strada. In caso di contestazioni del trasgressore il giudice è tenuto ad accertare che le verifiche sui velox siano state effettivamente compiute. Peraltro, nel giudizio di opposizione alla sanzione, come sottolineato nell’ordinanza 11869/20, spetta all’amministrazione provare che lo strumento è stato omologato e sottoposto alla verifica periodica in quanto fatto costitutivo della sua pretesa. Non basta allora all’ente produrre in giudizio i soli documenti che attestano l'omologazione e la corretta installazione dell’apparecchio, con la conseguenza che, in caso, di mancata prova della verifica periodica, il verbale dovrà essere annullato. Si tratta, quindi, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. di due distinte decisioni di legittimità che s’inseriscono nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale nella richiamata e fondamentale sentenza 113/15 che impone alle amministrazioni accertatrici la certezza delle rilevazioni, troppo spesso dimenticata a discapito dei cittadini e a favore esclusivo delle casse degli enti.