Pubblicato il: 25/02/2014 alle 12:30
Nello Musumeci, presidente antimafia dell'ARS ha accolto l’invito del dirigente scolastico Vito Parisi e dei docenti del liceo classico Ruggero Settimo di Caltanissetta e questa mattina ha incontrato gli studenti. “L’incontro – ha spiegato Parisi – è certamente un’occasione di arricchimento personale per ciascuno poiché l’esperienza che il Presidente può trasmettere alle nuove generazioni richiama valori di coerenza e legalità”.
Musumeci si è mostrato disponibile a relazionarsi con i ragazzi ammettendo con tranquillità che “è più facile parlare con gli adulti che con i giovani. In questi casi, infatti, bisogna sempre calibrare parole e aggettivi perchè chi riceve il messaggio (l’adolescente) è più fragile e soggetto a interpretazioni che possono essere erronee”.
“Essere presidente dell'antimafia in una Regione come la Sicilia, identificata come culla della mafia, è veramente impegnativo”. L’onorevole ha sottolineato come la mafia “è un problema per tutti” e per essere risolto necessita l’impegno “di tutti” dato che la contaminazione di quello che lui definisce “un cancro” distrugge tutto ciò che lo circonda. Con la presenza della mafia “non c’è crescita nel territorio” e, dunque, nemmeno lavoro e rispetto delle leggi. Il messaggio veicolato dal Presidente dell’antimafia siciliana è più un invito ai giovani che devono interpretare la lotta all’illegalità come un problema che non riguarda solo magistrati e forze dell'ordine ma coinvolge tutte le istituzioni comprese quelle scolastiche. “La mafia non cerca morti ma, peggio, alleati da arruolare tra le fila della politica, del mondo imprenditoriale, delle istituzioni e, in generale, della società civile. Stato e antistato vivono e coesistono nel territorio e spesso, gli interessi economici o imprenditoriali si incontrano e si scontrano finché uno dei due poteri non sovrasta l'altro”.
Dopo le stragi di Capaci e Via d’Amelio le istituzioni pubbliche hanno dedicato molte energie a educare le nuove generazioni e indirizzarle verso un sentimento civico di rifiuto del fenomeno mafioso.
“Da un sondaggio condotto dall'istituto Pio La Torre sui giovani – spiega Nello Musumeci -, però, è emerso che ancora la metà degli intervistati ritiene lo Stato incapace di tutelare il cittadino e sconfiggere “l'antistato”. Questo è un dato inquietante che evidenzia una profonda sfiducia nelle istituzioni. E’ pur vero che in questi 20 anni – dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – lo Stato ha portato avanti una lotta senza quartiere riuscendo a decapitare la cupola e arrestare molti latitanti. La mafia, però, non è rimasta ferma alla sua forma “classica” ma si è evoluta ed è penetrata nel mondo imprenditoriale e istituzionale regionale, nazionale e internazionale. Ed è proprio per questo che le istituzioni stanno ampliando la lotta coinvolgendo tutta la società civile”.
Creare sviluppo del territorio in una Regione con un radicato tessuto malavitoso non è così semplice e le leggi a sostegno dell'imprenditoria giovanile si scontrano con il timore dei giovani di dover pagare il ‘pizzo'.
E proprio per questo che il Presidente ritiene “l'illegalità una diseconomia che condiziona le attività delle istituzioni regionali. Noi – conclude – abbiamo il dovere di incoraggiare l'autoimprenditorialità e lavorare affinchè il tessuto aziendale possa restare immune da condizionamenti e pressioni generate da ambienti malavitosi e criminali. Questo risultato si ottiene anche se l'imprenditore avverte la responsabilità di operare in un contesto di legalità e non cede a lusinghe o minacce”.