Pubblicato il: 08/05/2024 alle 09:05
La corte di Cassazione di Roma ha rigettato il ricorso dei legali di Abdelfettah Jennati, il marocchino accusato di aver ucciso, il 24 novembre del 2020 a Canedoghe, la moglie Aycha El Abioui, confermando la pena dell'ergastolo. Il 40enne era stato condannato dalla Corte d'assise d'appello di Venezia che non aveva riconosciuto il vizio di mente, nemmeno in via parziale, né tantomeno le attenuanti generiche.
I fratelli, i genitori e i figli della donna, che vivono a Caltanissetta, si erano costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Dino Milazzo, Martina Vurruso (a destra nella foto), Daniela Guezzo e Massimo Schiavon. L’omicidio avvenne a Cadoneghe, in Veneto, dove la donna, dopo aver vissuto a Caltanissetta, si era trasferita. Secondo le indagini, i giorni prima del delitto consumato la sera del 24 novembre 2020, l'uomo avrebbe cercato in rete attraverso il suo smartphone tutta una serie di veleni. Avrebbe così maturato da tempo l'intenzione di sbarazzarsi della moglie, poi massacrata sul letto della camera matrimoniale, con un paio di pugnalate al petto. I legali dell'indiziato avevano prodotto tutta una serie di documenti con l'unico obiettivo di dimostrare che il 40enne sia una persona incapace di intendere e di volere, depositando anche una perizia psichiatrica.
Aycha si era rivolta ai servizi sociali del Comune di Cadoneghe dove era residente, raccontando di un marito possessivo e violento. Chiedeva aiuto e protezione per sé e per i propri figli. Poi la donna sparì dal centro antiviolenza al quale si era rivolta, informandolo che doveva essere ricoverata. Non si fece più sentire fino a quando non arrivò la tragica notizia della sua uccisione.