Colpevoli e vanno condannati all’ergastolo. Non ha avuto dubbi la procura nel tracciare il quadro accusatorio nei confronti dei quattro imputati di omicidio, chiedendo all’Assise il «fine pena mai» per tutti loro. Tirati in ballo, a vario titolo, per l’uccisione del trentottenne di Riesi, Salvatore Fiandaca, assassinato poco più di quattro anni e mezzo fa. Ergastolo, con isolamento diurno per un anno, per il trentasettenne Gaetano Di Martino «Tanu Cantalanotti», il figlioccio, il ventiduenne Giuseppe Antonio «Lucignolo» Santino, il trentatreenne Pino Bartoli e il cognato, il trentunenne Michael Stephen Castorina, tutti di Riesi.
A loro (difesi dagli avvocati Vincenzo Vitello, Adriana Vella, Michele Ambra, Angelo Asaro, Ivan Trupia e Giovanni Maggio) la procura, rappresentata dal pm Davide Spina, ha contestato le ipotesi di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e porto di armi. Secondo lo spaccato tracciato dall’accusa, Bartoli avrebbe condotto la vittima nella zona dell’agguato, un fondo di contrada Spampinato, nelle campagne di Riesi. Di Martino – con Santino – prima avrebbe accompagnato i sicari che poi, dopo il delitto, sarebbero tornati nel suo club per lavarsi con la benzina con l’intento di cancellare ogni traccia di polvere da sparo.
Alle richieste dell’accusa, ieri, si sono rifatte anche le parti civili, ruolo rivestito dalla moglie, i quattro figli minorenni ed i genitori della vittima (assistiti dagli avvocati Giovanni Pace e Walter Tesauro) sollecitando le condanne dei quattro imputati, provvisionale e un risarcimento dei danni. Alla prossima udienza toccherà alle difese replicare. Alla base dell’uccisione vi sarebbero state questioni di droga. Ma una sorta di collaborante – che ha diviso la cella con uno degli imputati, Di Martino in particolare, rivelandone poi sue presunte confessioni – ha anche avanzato l’ipotesi del movente passionale, oltre a sostenere che lo stesso Di Martino, sfogandosi con lui, si sarebbe accusato di quell’agguato chiamando pure in cause Santino e Bartoli. (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)