Pubblicato il: 21/12/2023 alle 12:52
Venticinque persone sono finite in carcere, 3 ai domiciliari, tra cui due donne, e per un altro indagato, un carabiniere, è stata disposta la sospensione dall’esercizio delle funzioni, nell'ambito dell'operazione "Mondo opposto" eseguita dai carabinieri a Niscemi e coordinata dalla Dda di Caltanissetta. "Non si tratta – ha detto il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca – della solita operazione antimafia, non che solita sia offensivo, ma questa attuale ha delle peculiarità assolutamente chiare. Dobbiamo riaffermare che Cosa Nostra, che è sul territorio da circa 160 anni, non è un comitato d’affari ma è mondo opposto. Il fatto più grave è quello ricondotto a colui che è stato ritenuto il capo mandamento di Gela, Alberto Musto".
"Il progettato omicidio di un imprenditore – aggiunge – che aveva osato denunciarlo circa 10 anni prima. Non si tratta solo di chiacchiere o di un moto di rabbia. Perché il progetto dell'uccisione è stato fermato solo grazie alla tempestività delle forze di polizia che sono sempre state accanto alla Dda. Si tratta di un progetto di omicidio in relazione al quale c’era già l’autista pronto su un’auto rubata. Una delle pistole doveva essere fornita dai presunti killer che arrivavano da Catania. Si trattava di un omicidio che avrebbe dovuto avere una 'funzione punitiva'. I fratelli Sergio e Alberto Musto provavano un odio profondo per questo soggetto che aveva contribuito a fare condannare Alberto". "Ma non aveva – ha concluso De Luca – solo una funzione di vendetta. Vi è una frase in cui Musto afferma ‘punirne uno per educarne cento. Non è possibile che qualcuno denunci e rimanga impunito perché altri potrebbero seguirlo a ruota’".
“Uno dei presunti esecutori aveva un precedente specifico per tentato omicidio aggravato. Sono arrivati con passamontagna e una rivoltella. Avevano chiesto un’altra pistola ad Alberto Musto che sul momento aveva manifestato delle perplessità per il fatto che i killer non avessero le idee chiare sull’identità della vittima e perché lo avevano contattato prima telefonicamente sebbene con telefono di altro soggetto. Erano stati ripresi dalle telecamere per ben due volte" prosegue De Luca.
"Musto avrebbe dunque ritenuto opportuno di posticipare di qualche giorno. Il Nor di Gela in quella occasione ha fatto intervenire la finanza che ha fermato il soggetto alla guida dell’auto che si è dato alla fuga e ha gettato la pistola, poi ritrovata – continua – Ma la cosa non è finita qui perché i fratelli Musto, e in particolare Alberto, secondo le denunce successive dell’imprenditore hanno continuato con una serie di minacce esplicite. Ogni volta che lo incontravano lo minacciavano. E in più vi erano stati contatti con la mafia di Gela perché venisse portato a termine l’omicidio. Musto è rimasto fermo nell’intento di uccidere. Tutto questo avviene quando era stato scarcerato da poco e sottoposto alla misura di prevenzione. Contemporaneamente gli era stato conferito il ruolo di capo mandamento”.
"Alberto Musto non è un pazzo sanguinario – ha continuato il procuratore – ma una persona che valuta criminalmente e lucidamente la situazione. Vi lascio immaginare cosa sarebbe successo se lo Stato non ci fosse stato e fosse stato portato a compimento l’omicidio dell’imprenditore. Un ritorno a 30 anni dietro. La differenza è che lo Stato c’è. Non deve apparire come un atto di arroganza ma allo stato possiamo affermare di avere il controllo del territorio. Non Cosa Nostra ma lo Stato controlla il territorio. I magistrati che hanno coordinato, compreso il sottoscritto, sono gli stessi che si occupano delle stragi. E credetemi è una cosa che prende molto tempo. Proprio per questo abbiamo bisogno che siano confermate le risorse che abbiamo. Di questo problema si è parlato con la premier Giorgia Meloni la quale ha affermato che non ci saranno passi indietro rispetto alla lotta alla mafia e ha ritenuto, parlando con me, la specificità del distretto giudiziario di Caltanissetta. Per fare un solo esempio le forze di polizia hanno assicurato la protezione del territorio con gravi sacrifici".
Poi il procuratore ha aggiunto altri particolari sull'odierna operazione. "L’approccio estremamente dinamico di Alberto Musto – ha detto De Luca – non finisce qui. Abbiamo atti intimidatori nei confronti delle forze dell’ordine. Non ci sono gravi indizi circa atti corruttivi ma ci sono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di un ex poliziotto in pensione, per concorso esterno, e favoreggiamento per un carabiniere. Abbiamo atti intimidatori nei confronti di un carabiniere e due poliziotti. Tutti i discorsi della mafia di Gela sono improntati al massimo odio nei confronti delle forze dell’ordine. C’è massima attenzione anche per le riunioni che avvenivano all’aperto. E quindi bravi gli investigatori che hanno saputo cogliere il momento per predisporre tutto quello che era necessario. Erano progettati atti intimidatori anche nei confronti di pubblici amministratori, in questo caso non al sindaco ma un suo uomo di fiducia. Altro fatto che poteva portare a un bagno di sangue è una progettata rapina per circa un milione di euro che doveva avvenire a Milano. E si prevedeva un conflitto a fuoco. Progetto di rapina che è stato sventato grazie a una perquisizione. E’ un quadro molto preoccupante, molto aggressivo, culturalmente ben orientato in senso criminale con lucide strategie. Gli imprenditori possono continuare a denunciare perché il messaggio che deve uscire è che lo Stato c’è e deve continuare a esserci".