Pubblicato il: 26/09/2019 alle 14:52
"Organizzavano spedizioni punitive simili a sceneggiature televisive. Vedere certe immagini è stato forte anche per noi operatori. Avevamo la sensazione di essere davanti ad un set televisivo. Immagini in cui prendono la testa di un soggetto e gliela sbattono al muro, una in cui imbracciano il fucile e sparano dalla macchina. Una stiddra davvero violenta. Ci sono stati imprenditori che hanno trovato il coraggio di denunciare accompagnati dal presidente dell'antiracket di Gela. Registriamo degli incontri tra la vittima e i fratelli Di Giacomo davvero cruenti. "Ti scanno", "ti levo dal mondo", queste le frasi dei fratelli che usavano dire". Sono i particolari svelati dal capo della Squadra Mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, nel corso della conferenza stampa sull'operazione Stella Cadente che ha sgominato questa mattina a Gela soggetti affiliati alla Stiddra. "Un'indagine strutturata sulla Stidda non veniva fatta da almeno 15 anni perché considerate – ha aggiunto Giustolisi – che i capi storici erano stati messi in carcere. Abbiamo avuto questo exploit con la scarcerazione dei fratelli Di Giacomo nel 2014. Prima di Bruno e di Giovanni e poi di Vincenzo nel 2017. C'è quest'ala molto violenta, cruenta, che si innesta ad un'ala imprenditoriale. Questi soggetti non avevano la minima remora a punire soggetti che secondo loro gli mancavano di rispetto per le più svariate ragioni, o di interesse economico (perché non si rifornivano da loro di determinati prodotti) o perché avevano detto una parola fuori posto. Il clima di intimidazione che è nato a Gela è stato davvero capillare. Alcuni cittadini gelesi si rivolgevano a loro per recuperare il motorino, o per risolvere diatribe. E questo ci dà il senso di come l'autorità della Stidda poteva essere percepita comunque a Gela. Un plauso va ai ragazzi della Squadra Mobile e al commissariato di Gela che, essendo presente sul territorio, spesso ci ha fornito delle notizie importanti che sono state puntualmente riscontrate e con pazienza. Si tratta infatti di soggetti che al telefono non dicevano molto. Per questo mettevamo le ambientali al posto giusto, aspettando con pazienza di individuare i loro luoghi di incontri. Da canto loro questi soggetti cercavano anche loro di affidarsi alla tecnologia ma con scarsi risultati. Vi faccio un esempio – ha concluso il capo della Squadra Mobile – un truculento che va a minacciare un imprenditore mostrandogli la pistola, un giorno sì e un giorno no, e poi dice 'sì però io utilizzo messenger così non mi intercettano, dimostrando dunque che ancora non avevano ben chiaro il limite tra quello che possono fare loro e quello che possiamo fare noi".