Pubblicato il: 01/07/2013 alle 15:15
“Appuntato, lei mi vede a baciare Andreotti? Le posso solo dire che era un galantuomo e che io sono stato dell'area andreottiana da sempre”. Così il boss Totò Riina, il 21 maggio scorso, avrebbe risposto a un agente della polizia penitenziaria che gli chiedeva se fosse vera la storia del bacio tra lui e Andreotti. A riferire il particolare ai magistrati di Palermo è stata la stessa guardia carceraria che ha depositato sul suo colloquio con Riina una relazione di servizio finita agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia, ripreso oggi davanti alla Corte d'Assise di Palermo. Durante il dibattimento, s'è affrontato anche il ruolo dei servizi segreti nella strage di Capaci, nella scomparsa dell'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino e nell'attentato di via D'Amelio sono stati oggetto delle confidenze fatte, nel carcere milanese di Opera dov'è detenuto al carcere duro, dal boss Totò Riina a un agente della polizia penitenziaria che le ha poi riferite nella stessa relazione depositata al pool antimafia palermitano. Nella relazione la guardia, riportando le parole del boss, dice che Riina avrebbe sostenuto che: “Brusca non aveva fatto tutto da solo e che lì c'era la mano dei servizi segreti. La stessa cosa – prosegue l'agente, sempre riportando le parole del boss – vale anche per l'agenda del giudice Paolo Borsellino. Perchè non vanno da quello che aveva in mano la borsa e non si fanno dire a chi ha consegnato l'agenda? In via D'Amelio c'entrano i servizi che si trovano a Castello Utveggio e che dopo cinque minuti dall'attentato sono scomparsi, ma subito si
sono andati a prendere la borsa”.