"Lavoro duramente lo stesso. Non sento oggi la differenza. Io mollerò solo quando sarò morto. Con questa sindrome da Don Chisciotte, tutto sommato, mi trovo anche parecchio a mio agio". Il 19 ottobre 1992, quando a causa di un incidente sul lavoro i medici furono costretti ad amputargli un braccio (finito nel motore di un trattore mentre aiutava una persona), Stefano Bertuzzi aveva solo 24 anni e dopo 30 anni fa ancora il mestiere che ha sempre voluto fare e sa fare bene: il muratore, a Perino, nel piacentino. "E' più brutto da fuori che da 'dentro' – racconta al quotidiano Libertà – cioè vivere così fa più impressione forse a chi non sa cosa voglia dire". Stefano Bertuzzi è al centro delle fotografie di un concorso online di Verona – 'Costruire', parte del corso di fotografia 'Nshot Academy' – visto dagli occhi di Nataliia Matiash, una mamma bobbiese di origine ucraina.
A convincerla a ritrarre il muratore è stato il figlio di lei, Alessandro, di 5 anni. "Un giorno mentre mio marito faceva una passeggiata con Ale si sono incontrati per caso e mio figlio d'istinto lo ha abbracciato forte. Da quel momento sono amici. Mio figlio lo adora", ha spiegato la fotografa. Negli scatti Nataliia Matiash ha cercato di far emergere tutta la normalità di Bertuzzi, "ce ne sono solo un paio in cui è evidente la sua mutilazione. Nelle altre è un muratore come tantissimi altri". Stefano Bertuzzi, del resto, è uno che si è fatto da solo. "Sono un artigiano – dice – ora ho una mia ditta e sono sempre stato abituato a cavarmela da me, a prendermi cura di quel che sono". La sua storia viene fuori in particolare dai tatuaggi sparsi sul corpo. "Io volevo solo esprimere negli scatti tutta la sua potente dignità – sottolinea la fotografa – valorizzandone la normalità, quella che mio figlio ha saputo cogliere in quell'abbraccio".
Negli scatti c'è la mappa dei tatuaggi del muratore piacentino. L'asso di picche sul polso ("quando persi una partita a carte"), un aquila, un lupo, un serpente, un orso. L'elmo della battaglia delle Termopili o la scritta cinese, "il nome di una donna". E quella frase a chiare lettere: "Vivi libero o muori". Stefano Bertuzzi, del resto, lo fa da trenta anni. "In valle tutti lo conoscono, anche se pochi sanno come si chiama. Lui dice che preferisce sempre parlare solo ai cani e ai bambini, in realtà ha un cuore grande", assicura Nataliia Matiash (ANSA).